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Caro Babbo Natale, sono Phil Jackson

Francesco Sparta by Francesco Sparta
6 Settembre, 2019
Reading Time: 6 mins read
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Caro Babbo Natale,

Spero tu non sia sorpreso nel leggere questa mia lettera. Ci ho pensato un po’. Come sai, sono figlio di pastori luterani e tengo particolarmente a onorare le feste. L’ho fatto anche quando Kobe Bryant è passato a New York per l’ultima gara al Madison. È venuta una cosa bella, niente da dire. Anche la mia vacanza in California è stata divertente. Tutto un altro clima rispetto a qui, con le fontane di Central Park congelate. Poi un po’ di vacanza con la mia Jeanie ci voleva. Los Angeles è proprio come la ricordavo. Lì c’è sole tutto l’anno e la stampa mi adora, altro che i vari Frank Isola e Marc Berman… Quei due si svegliano al mattino con la carogna sulla spalla. Scrivono fingendo di essere preoccupati per i Knicks, ma in realtà li odiano. Però capisco quello che fanno… sai, quando scrivi male di qualcuno ti leggono in tanti per vedere cosa dirai la prossima volta.

A volte mi domando chi me l’ha fatto fare di venire qui ai Knicks, ma alla fine mi rendo conto che lontano dalla pallacanestro non ci so stare. Non si smette di imparare, neanche alla mia eta’, sai? Certo, la mia schiena e’ quasi a pezzi, ma nonostante questo provo ancora a sembrare giovane e brillante.  Anche se i risultati hanno lasciato molto a desiderare.

Nell’ultima intervista ho voluto fare il ragazzaccio del ghetto utilizzando con LeBron James la parola ‘Posse’. Apriti cielo. Sapessi quanto si e’ arrabbiato…. adesso addirittura non non mi parla piu’ e non vuole saperne niente di me. Tutte le volte che ci vede decide di togliersi qualche sassolino demolendoci di 30 punti. Per questo vorrei riuscire ad addolcirlo un po’ in vista della prossima volta che ci incontreremo: potresti fargli trovare dei muffin al cioccolato da parte mia? Fai attenzione alla data di scadenza, ad Aprile ci sono i playoff. Credo te abbia capito dove voglio arrivare…

A proposito di rapporti umani, ti devo parlare di Carmelo Anthony. Nulla da dire, e’ davvero un bravo ragazzo. Si impegna nel sociale e ama davvero questa citta’. Mi piacciono le sue battaglie, mi rende orgoglioso essere il suo presidente. Il problema e’ che fatica un po’ ad ascoltare. Quando gli dico che tiene la palla troppo ferma in attacco non voglio attaccarlo, ma solo fargli capire quanto sarebbe importante correggere questi difetti. Sai, anche Jordan e Kobe avevano i loro limiti, ma loro sono stati capaci di ascoltare e lavorarci su.

Invece Carmelo sembra vivere tutto come un attacco personale. Vorrei che lavorasse su questo, che capisse quanto lo stimi e lo voglia leader di questa squadra. Per fargli capire che in realta’ io non gli dico cose cosi’ cattive, potresti consegnargli una copia del libro di George Karl? Sai, lui non e’ andato molto per il sottile.

Il 2016 poi e’ stato un anno pieno di novita’. Ad esempio, quest’estate, stavo andando come ogni anno con la mia moto in Montana a passare le mie vacanze. Il posto e’ molto bello, in mezzo alla natura e lontano dal tran tran della citta’. Ci vado ogni anno, mi aiuta a ricaricarmi. Stacco il telefono, mi godo tutto quello che mi circonda. Pero’ quest’anno e’ successa una cosa strana. Qualcuno bussa alla porta.  Toc Toc. Apro e mi trovo davanti un capellone di oltre due metri. E’ Joakim Noah, che dopo gli anni passati a Chicago mi chiede di farlo tornare nella sua New York. Mi aveva inseguito fino a li per convincermi.

Quel tipo e’ buono come il pane e sa anche essere molto severo verso se’ stesso. Passiamo qualche giorno insieme e alla fine mi convince che potrebbe essere il giusto centro che stavo cercando. Gli offro un contrattone, glielo dovevo. Aveva offerto tutto lui in vacanza, cene comprese. Finora pero’ non ha reso come doveva. La sua schiena e’ messa quasi come la mia e fisicamente soffre le nuove leve che saltano, corrono e tirano anche dalla distanza. Che poi, tra l’altro, l’avresti mai detto? Ti ricordi quando io schieravo i vari Shaq e Rodman? Immaginati fossero stati capaci anche di tirare oltre gli ultimi due metri…. Aaaah, niente. Sto invecchiando ormai. Io sono cresciuto con un’altra pallacanestro, ma non per questo voglio essere nostalgico. Sto provando a conoscere i nuovi modi di giocare. Ma a parte questo, Noah probabilmente non tornera’ mai al livello di quattro anni fa. Per questo avevo pensato, come regalo di Natale, ad una motocicletta: la prossima volta vorrei portarlo a visitare lo Yosemite e se mi va bene lo convinco a rimanerci, in California.

Da Chicago poi, insieme a Noah, ho portato anche Derrick Rose, il mio colpaccio. Quando giochiamo con lui in campo siamo probabilmente la terza forza ad Est. Ma quando non c’e’ sprofondiamo di nuovo nel baratro degli ultimi due anni. Mi prendevano tutti in giro quando l’ho firmato quest’estate, ma adesso hanno smesso. Il problema di questa forza della natura sono gli infortuni. Finora ha giocato tre quarti delle partite, ma spero di averlo a piene forze questa primavera quando le cose si faranno piu’ serie. Qui a New York ho messo in preallarme tutto il sistema sanitario, roba da fare invidia all’Obamacare. Per questo motivo a Natale vorrei regalargli un cellulare nuovo, dove salvare tutti i numeri di telefono di dottori e fisioterapisti in una rubrica riservata.

Chi invece e’ giovane e nel pieno delle proprie forze e’ Kristaps Porzingis. Proprio un bravo figliolo. Quello e’ stato senza dubbio il mio capolavoro lo scorso draft. Adesso l’Adidas ha deciso di coprirlo d’oro, ma lui sembra rimanere concentrato sul gioco. Quello che deve imparare e’ farsi dare la palla anche nell’ultimo quarto, quando solitamente Rose e Melo cannibalizzano tutti i tiri. Deve imparare ad imporsi, far capire che lui non e’ solo il futuro ma anche il presente di questa squadra. Che ne dici se sotto il suo albero gli facessi trovare un hoverboard? Una roba in stile “Ritorno al futuro”. Perche’ il suo futuro deve essere ora.

Chi invece vivra’ il suo futuro lontano da qui e’ Derek Fisher. Praticamente non ne stava piu’ imbroccando mezza, sono stato costretto ad allontanarlo. Poi quella storia con la fidanzata di Barnes… Nello spogliatoio era diventato un argomento fisso, aveva perso l’autorita’. Al suo posto avevo pensato al mio amico Kurt Rambis. Lo conosco da tanti anni, e’ uno che pratica la triangle offense anche per cercare parcheggio. Se non fosse che possiede la stessa autorita’ di un inserviente, lo avrei confermato. E invece i giocatori lo hanno ripudiato, i media massacrato. Certo, i suoi record non sono mai stati buoni, ma chi avrebbe potuto farcela con la squadra che aveva? Vabbe’, pazienza.

Senza di lui, ho tirato fuori il mio nuovo asso. Hornacek me lo ricordo, quando era giocatore. Un tipo ordinato, preciso. Era un role player fedele agli schemi di coach Jerry Sloan a Utah. Poi vabbe’, io l’ho battuto per due anni di fila ma diciamocelo… chi poteva fermarmi in quegli anni? Le cose non stanno andando male per adesso, anche se di triangle non c’e’ manco l’ombra. Aaah se fossi riuscito a confermare Rambis… Con questi giocatori avremmo fatto faville.

Ti ricordi Mike D’Antoni? Dopo i Knicks e Lakers (al mio posto, roba da non crederci), la sua 7 seconds or less sembrava archiviata, roba buona solo per far polvere. E invece guardalo li’ adesso a Houston. Per non parlare di Steve Kerr a Oakland…. Fra qualche anno vedrai che tornera’ di nuovo il momento della triangle, puoi scommetterci. Non e’ questione di sistema, e’ che ci devi credere in quello che fai. Ma qui a New York ci crediamo solo io e il mio amico Kurt. Per questo, a Natale, ti chiedo se puoi consegnare al buon Jeff, avido lettore, una copia del mio libro. Chissa’ mai che capisca una volta per tutte cosa mi piacerebbe vedere in questa squadra.

Ad ogni modo non voglio tediarti ulteriormente, caro Babbo Natale. Prima di salutarti voglio solo chiederti un ultimo favore. Una cosa personale. Per il nuovo anno potresti farmi trovare sotto l’albero la mia canotta di quando giocavo con i Knicks? Devo averla persa, ma ci sono particolarmente affezionato. E’ blu, con la scritta New York arancio sopra. Esattamente come quelle che indossano i ragazzi ancora oggi. Perche’, nonostante tutto, io amo questa squadra e questa citta’ e faro’ di tutto per riportarla ai successi degli anni ’70. Anche a costo di mettere in discussione tutta la legacy che ho accumulato in questi anni.

 

Cordialmente tuo,

Phil Jackson

Tags: Carmelo AnthonyDerek FisherDerrick RoseJeff HornacekJoakim NoahKristaps PorzingisKurt RambisLeBron JamesNew York Knicksphil jackson
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