Qualche giorno fa, sulla pagina Facebook della rivista Dime Magazine è apparso un video dove vengono elencati i cinque peggiori contratti di sempre della storia NBA. Mi ha fatto sorridere (un po’ anche amaramente) ritrovare il nome di Gilbert Arenas accanto a quelli di gente come Eddy Curry, Rashard Lewis, Erick Dampier e Larry Hughes. In fondo, però, non poteva essere altrimenti: la notizia degli Orlando Magic che hanno finito di pagare (tanto) solo oggi un giocatore fuori dal 2012 era troppo succosa per poter passare sotto silenzio e non andare ad arricchire l’epica off the court di uno che non passerà mai più.
Perché mentre sul campo siamo a livelli di totale rimpianto per quel che poteva essere e non è stato (in tal senso vi rimando a questo splendido articolo di Dario Costa su Ultimo Uomo), per quanto riguarda le “attività extracurricolari” l’asticella continua ad essere posta sempre più in alto anno dopo anno, giorno dopo giorno, post su Instagram dopo post su Instagram.
Qualora, poi, aveste voglia di passare una serata diversa dal solito, vi consiglio di fare come il sottoscritto e di googlare “Gilbert Arenas fuori dal campo”: vi si spalancheranno le porte di un mondo dove possibile e impossibile si fondono in una dimensione parallela che solo e soltanto “Agent Zero” può vivere, credendo che anche nel mondo reale funzioni così.
Partiamo allora, senza curarci della meta o del prossimo passo. In fondo non si dice sempre che l’importante è il viaggio?
CELLULARI E MONETINE
Pare che, in quella strana estate del 2003, il Jordan in panchina (Eddie) avesse chiesto al suo general manager un playmaker vecchia maniera (altro che le combo guards di oggi) per ricostruire i Wizards del post Jordan in campo (ma non solo, se è vero come è vero che il vecchio Abe Pollin scelse di sollevare Michael dalla carica di presidente). Purtroppo per lui il lancio (letterale, nel senso che la scelta era davvero stata affidata al fluttuare nell’aria di un quarto di dollaro) della monetina aveva convinto Arenas a scartare l’ipotesi Clippers e volare nella capitale. Prima di fare buon viso a cattivo gioco, il coach chiese informazioni a Richard Jefferson (allenato quando era assistente ai Nets), il quale gli raccontò le simpatiche burle dei tempi di Arizona. Quando era uso scambiare (nelle giornate buone) o rompere (in quelle meno) i cellulari dei compagni di squadra. Così, giusto per fare gruppo in vista della finale NCAA contro Duke. Persa, ovviamente.
https://www.youtube.com/watch?v=pQFI5z4mEZI
L’unica traccia video dell’Arenas collegiale: 21 punti contro Illinois
L’UOMO SPOGLIATOIO
Queste skills subirono una decisa impennata verso l’alto nel momento in cui lo spogliatoio Wizards diventò terreno fertile per gli atti di nonnismo più biechi. E se già il finto furto d’auto dei compagni di squadra durante le trasferte lunghe a Ovest (chiavi duplicate e spedite tramite corriere espresso ad amici a Washington che, dietro congruo guiderdone, si preoccupavano di “ritirare” il veicolo presso il garage della squadra) vi sembra un filino oltre il limite, immaginatevi la faccia di Andray Blatche quella volta che si trovò nelle scarpe il risultato delle deiezioni del nostro. Al quale, in virtù dello status di superstar, era comunque concesso tutto. O quasi…
Del resto cosa potevi dirgli a uno che ti faceva vincere le partite così?
MERRY F****ING CHRISTMAS
Un concetto che Javaris Crittenton provò a chiarirgli in pieno ghetto style durante la vigilia di Natale del 2009. Alla base di quel che, per fortuna, restò un conflitto a fuoco solo teorico, con le pistole comunque portate alla tempia dell’avversario, ci sarebbe un debito di gioco mai saldato (un migliaio di dollari: e, all’epoca, Arenas aveva già rinnovato per sei anni a 111 milioni complessivi) e un tasso alcolico un bel po’ sopra la media. I Wizards rilasciarono un comunicato in cui presero le distanze dai due giocatori, mentre David Stern sembrò indeciso sul da farsi: c’era da tutelare l’immagine della Lega, ma si stava sempre parlando di uno dei volti più riconoscibili della NBA di quel preciso momento storico. Arenas, però, chiarì ogni dubbio al commissioner nell’huddle prima della gara contro i Sixers, durante il quale intrattenne i compagni con una parodia del gesto che, successivamente, divenne un rap improvvisato di assoluto culto sul web. Stern non ebbe più dubbi: sospensione a tempo indeterminato per entrambi.
Per Arenas fu, di fatto, l’inizio della fine dentro e fuori dal parquet (Adidas rescinderà il contratto di sponsorizzazione e cancellerà un rapporto che, dopo uno dei più memorabili commercial di sempre, era sul punto di decollare), mentre per Crittenton soltanto uno dei tanti incontri ravvicinati con la giustizia americana, fino alla condanna a 23 anni di reclusione nel 2015 per omicidio aggravato: quattro anni prima si era messo a sparare per le strade di Atlanta colpendo a morte Julian Jones, 22enne madre di quattro figli.
NOT IN MY HOUSE!
Con la natìa Los Angeles Arenas ha sempre avuto un rapporto complicato. Della monetina che costò il gran rifiuto ai Clippers si è già detto, così come fiumi d’inchiostro sono stati abbondantemente versati per raccontare il sessantello (con 8 assist) che il 17 dicembre 2006 fece dire a Kobe Bryant: «Ha forzato troppo» (!). Il rapporto tra i due, in effetti, non è mai stato dei migliori (e, sotto Mike Brown, rischiarono addirittura di ritrovarsi compagni di squadra). Eppure, alla vigilia dell’ultimo atto del Farewell Tour e con uno Staples Center prevedibilmente sold out, la richiesta ai Lakers, formalizzata naturalmente a mezzo Instagram, di un decadale per poter assistere da vicino all’ultima recita del Mamba. Con tanto di indicazione delle linee guida su “dove” e “accanto a chi” sedersi in panchina:
E’ altamente probabile che il consiglio a Nick Young su come riconquistare Iggy Azalea sia stata la causa del suo vedersi respinto con (ampie) perdite.
IO, ME E INSTAGRAM
Instagram, dunque. Teatro della sfida indiretta (?) tra Gilbert e Floyd Mayweather per il maggior numero possibile di persone fatte incazzare con un solo singolo post. Con il nostro che si è portato in vantaggio in almeno due occasioni.
La prima nello scorso dicembre quando postò un video (poi segnalato e rimosso) in cui due signorine molto poco vestite erano intente a giocare a basket, accompagnato dalla seguente didascalia: «Questo era quello che la gente si aspettava di vedere quando nel 1996 fu annunciato il ritorno della WNBA. Non giocatrici che sembrano attrici di Orange is the new Black». La WNBA, comunque, non mancò di ringraziare per la galanteria.
Similmente a quanto fecero, lo scorso gennaio, le cittadine di Flint nel Michigan che, al danno di un problema idrico che aveva rivelato la presenza di tracce tossiche di piombo nelle acque locali (almeno 10 i morti per legionellosi), si videro aggiungere la beffa della delicatissima (cit.) ironia di zio Gilberto:
«Sono l’unico che sta bloccando ogni ragazza che viene da Flint? Hahahahaha scusate ragazze ma il vostro sudiciume è pubblico… Vi siete lavate il c**o con l’acqua con il piombo per mesi… Scrivetemi quando vi trasferirete sulla 8 Mile». Il tutto mentre, contestualmente, altri personaggi dello sport e dello spettacolo si stavano prodigando in donazioni e aiuti per la comunità. Così, giusto per far girare le balle quel tanto in più che non guasta.
Ma nulla potrà mai superare quanto accadde sette giorni dopo, proprio a Flint, in una sorta di catarsi alla rovescia.
GET RICH OR DIE TRYIN’
Gilbert Arenas è annoiato. Tanto. E allora decide di godersi i soldi che i Magic stanno continuando a versargli in uno dei tanti modi che conosce: strip club, meglio se costoso come quello dove si dice abbia festeggiato il suo compleanno numero 25 spendendo nell’ordine del paio di milioni di dollari.
In compagnia di alcuni “pesci pilota” si presenta quindi in un noto locale della zona con circa 80.000 dollari in contanti (prelevati tramite la sua carta di credito), spendendone 40.000 per intrattenersi con le signorine. Che qualcosa bolla in pentola, però, lo si intuisce dal fatto che Arenas faccia firmare la ricevuta ad uno dei suoi sodali, prima di portarsi via la parte di denaro non spesa. Leggenda narra che, più che di sua spontanea volontà, Arenas sia stato “invitato” (con modi che potete immaginare) a lasciare il club. E, come tutte le leggende, il fondo di verità c’è soprattutto in relazione a quanto segue.
Il giorno dopo, infatti, arriva il colpo di genio: telefonata all’American Express e denuncia del furto della sua carta di credito. E i quarantamila spesi la notte precedente? Mica li aveva prelevati lui, ci mancherebbe: tanto più che la firma sulla ricevuta non era la sua.
Ora, mettetevi nei panni dell’addetto all’altro capo del telefono: ti chiama un cliente celebre e “discretamente ricco”, denunciando il furto di una carta dal quale sono appena stati prelevati tanti soldi poi spesi in spogliarelliste. Credibile. A tal punto che la compagnia si affretta a restituire la somma indebitamente sottratta ad Arenas.
Un piano degno di Ocean’s Eleven, non fosse che il nostro dimentica l’ultimo e fondamentale dettaglio. Tacere. Il post su Instagram con tanto di hashtag #greatinvestment val bene l’inevitabile “approfondimento” dell’autorità giudiziaria per truffa:
Da allora la parola d’ordine è low profile. Qualche foto da padre premuroso che si prende cura dei quattro figli, un video per dimostrare ai più dubbiosi che l’NBA Range c’è ancora, un altro denso di quel Funny or Die che lo ha reso unico e inimitabile. E, naturalmente, il commento Arenas style alle principali news dalla lega.
Tutto nella (sua) norma, quindi. Ma state tranquilli, tornerà. Del resto, quanto mai può resistere a vivere da semplice giocatore NBA in pensione?