-copertina illustrata da Marco Magri–
Tra le prime cose dette da John Seldon, la notte in cui suo figlio è stato selezionato dai Minnesota Timberwolves con la numero 5, vi erano anche queste parole: “dovevate vederlo giocare a football, era incredibile”.
John sembra il classico tipo che se ti invita a casa sua a mangiare, mentre si aspetta di andare a tavola, tira fuori un album più spesso della Bibbia e comincia a mostrarti le foto di famiglia anche se tu non gliel’hai mai chiesto:
“guarda, qui è Kris che supera le 50 yard. E qui mentre stende uno 20 kg più grosso di lui, pensavo sarebbe potuto passare ai pro come defensive back”.
L’ultima frase l’ha pronunciata per davvero, ed è un’osservazione che non si scosta molto dalla realtà, Kris andava forte nel football. Ma è anche dannatamente freddoloso e se giochi a football a New England, nel Connecticut, quando le temperature colano a picco non vai molto lontano.
“Avrei voluto sapere realmente quanto fosse esplosivo in mezzo ai pro, sarebbe stato divertente vederlo adeguarsi a quella velocità e intensità di gioco”.
Pure questa frase l’ha detta realmente. Quanto fa strano sentire il genitore della migliore point guard del paese ‘scoutizzare’ il figlio in sede di draft, ma per il football? Nemmeno tanto, dai. Da una parte prevale l’orgoglio di voler riesumare il ricordo di quando era un talento nello sport che lui preferiva, dall’altra, in questa sua conclusione, c’è qualcosa di trasferibile anche al basket.
I due principali lineamenti del gioco di Kris Dunn, vengono riassunti da Ed Cooley (coach di Providence per cui Dunn ha giocato tutti e quattro gli anni, arrivando a conseguire la laurea) durante un time-out contro Georgetown: toughness & speed, tosto e veloce. In quel frangente Cooley voleva che i suoi mantenessero quel carattere ruvido fatto di anticipi sulle linee di passaggio perimetrali e transizioni per un tiro costruito prima che le difese rivelassero il loro terribile spacing. Praticamente era come se puntasse una lente d’ingrandimento su Dunn e dicesse: “incentriamioci su di lui e da lui cerchiamo di replicare le sue migliori qualità per noi”. E così è stato. Tanto contropiede, hustle plays e tiri dentro l’area, o qualche attimo prima di vedere la difesa pienamente schierata. Inclusi i 26 punti e i 4 palloni recuperati da Kris Dunn.
Una vittoria 73 a 69 in cui mostra tutto il suo repertorio. Ti folgora, come gli split in mezzo all’area da destra per poi concludere spostandosi a sinistra in aria. Ma ti porta anche a scuola, lucidamente, come quando legge la difesa e processa la migliore soluzione per avvicinarsi a canestro. Anche se il lay up non va o il lob per Bentil è fuori portata. Non c’è da stupirsi se il gioco dei Friars quest’anno è stato lo specchio di quello di Dunn. Nella stagione da senior ha chiuso con 16.4 punti 6.2 assist e 5.3 rimbalzi di media, dal 1989 solo cinque giocatori di college sono riusciti a mettere insieme più di 15 punti, 5 assist e 5 rimbalzi a partita.
Il bello è che il suo processo di maturazione non è stato poi così graduale come si potrebbe desumere da tutti-e-quattro-gli-anni di college, perché di effettivi, giocati dalla prima all’ultima partita ha fatto solo gli ultimi due. Saltando quasi interamente per un problema alla spalla le stagioni da Freshman e Sophomore, in cui è sceso in campo per un totale di 29 partite.

In quelle poche uscite fa subito intendere di essere una combo-guard dai mezzi atletici pazzeschi, ma non trova abbastanza minuti dietro a Bryce Cotton e il tiro da fuori ancora da costruire spinge i tifosi Friars a forzare un paragone con Rajon Rondo. La cosa più incredibile del suo percorso a Providence, oltre alle stagioni da junior e senior, è il fatto di essere arrivato al secondo turno del Torneo NCAA in entrambe queste annate e a aver perso sempre contro North Carolina. Però il desiderio del padre di Dunn- se traslato alla NBA- di vedere come si sarebbe potuto adattare in mezzo ai Pro, mantiene sempre la stessa domanda di fondo: “quanto sarà realmente esplosivo?”
IL FIT IN NBA
Rispondendo alla domanda e fugando subito ogni dubbio: “TANTO”. Tenendo conto che il 25.3% del suo attacco a Providence era in transizione, non sarà un’abitudine di cui si disferà molto facilmente. Per essere una point guard è bello grosso, circa 1.96m e vanta un’apertura alare da pterodattilo che si aggira sui 2.10m. Non era inusuale vederlo ricevere dal gomito per attaccare guardie decisamente più piccole.
Dal punto di vista atletico e fisico è uno dei giocatori più pronti di questa rookie class. Dal suo ha anche il vantaggio di essersi già sviluppato fisicamente rispetto ad alcuni colleghi classe 96’ o 97’. Può giocare agevolmente sopra il ferro ed è un saltatore allucinante sia a un piede che a due. Per come assorbe i contatti in entrata non si fatica a credere che fosse super anche nel football. In isolamento non è tremendamente efficace( l’anno scorso ha fatto registrare 0.66 punti per possesso in questa situazione di gioco), ma è capace di crearsi lo spazio di manovra con cambi di velocità svianti per chi lo marca. Specialmente in mezzo a varchi stretti, magari quando la prima linea delle guardie si sta ancora sistemando. Ed è elettrizzante il modo in cui si beve il suo difensore diretto, più un altro paio di avversari a volte cambiando persino direzione in aria.
Il suo piatto forte sono le transizioni, 49 dei suoi 207 assist sono arrivati da questi contropiedi nati nella maggior parte dei casi da anticipi forti sulle linee di passaggio o aggredendo il ball handler avversario.
Ha le doti fisiche per diventare una vera “saracinesca” in difesa, a Providence teneva indistintamente 1,2 e 3. Le prolunghe e la forza fisica sono fattori che aiutano se bisogna contenere in penetrazione dei tori sempre più grossi come gli esterni NBA.
Ai Friars era il ball handler primario, quando si trovava in campo il 41% dei tiri di squadra segnati provenivano da suoi assist (per percentuale di assist il suo è il miglior quarto dato registrato da una point guard al college negli ultimi 6 anni). Questo fa abbastanza capire il controllo che aveva sull’attacco, che non viveva di buono spacing ma- quando non correva in transizione o semi transizione- girava bene a suon di pick and roll tra Dunn e il lungo tiratore Bentil. In questo contesto, da portatore di palla, Dunn segnava 0.88 punti per possesso.
Ci sono ancora molte cose da aggiustare. Come la tendenza a perdere palloni( 22,4% di palle perse) o quella di forzare in palleggio e nei passaggi-siluro( a compagni non sempre pronti a ricevere).Pur avendo finito il college, si affida tanto ai suoi istinti, che lo portano a commettere parecchi falli esagerando sugli anticipi( quasi 5 a partita nell’ultima stagione) e andando selvaggio a canestro.
Però se non si bada troppo alla sua cartella clinica (da quanto dicono i medici, avrebbe solo il 10% di probabilità di re-infortunarsi la spalla) e continua a perfezionare il tiro da dietro l’arco, Kris è già nettamente sopra la linea di galleggiamento dove si trovano i giocatori nella media NBA e con il fisico da centometrista potrà reggere da subito il confronto con le guardie della lega. Fermo restando che spazio e opportunità siano generose quanto il suo talento.

IL FIT AI TIMBERWOLVES
“Kris Dunn è la point guard che i Timberwolves si meritano, ma di cui non hanno bisogno in questo momento.” (semicit.)
Mi spiace vestire i panni del commissario Gordon, ma fintanto che Rubio resta sano o non viene scambiato, ci sono poche chances realistiche che Dunn parta titolare. Thibs è noto per essere conservativo nel distribuire minuti ai rookies e non esiste alcun dubbio che anche da parte della dirigenza la prorità sia quella di vincere, nell’immediato. Inoltre Thibs e Rubio si trovano sulla stessa lunghezza d’onda per molti aspetti: entrambi hanno una forte attitudine difensiva, entrambi sono orientati ai dettagli. Senza contare che Rubio è più pronto rispetto a Dunn per girare uno degli evergreen difensivi di Thibs: “Ice!”((ovvero dirottare il pick and roll dal centro dell’area alla linea di fondo per congelarlo)).
Tuttavia, ciò non vuol dire che verrà relegato a prendere polvere in panchina. Potrebbe consolidarsi come sesto uomo, la sua versatilità su entrambi i lati del campo è la chiave che gli consentirebbe di stare in campo insieme a Rubio come ball handler secondario. In summer league ha dimostrato di saper giocare bene senza palla, sentendosi a suo agio anche come finalizzatore e non solo come esecutore. Immaginate la mole di danni che potrebbero fare alla difese,
usando Dunn sui tagli back-door, è vero che probabilmente per quel tipo di gioco, davanti a lui si trovano Wiggins e KAT, ma avere una terza opzione certo non guasta.
https://www.youtube.com/watch?v=MbTGEMYv_KE
Transizioni e footwork sono il pane di Kris Dunn
COMPARISON VARIE ED EVENTUALI
Se non portassi gli occhiali mentre guardo gli highlights di Dunn e mi tendessero un tranello chiedendomi che giocatore NBA sta passando sullo schermo, direi John Wall. Per la struttura fisica, per le ‘sneaky moves’ in penetrazione, per certe letture e per le capacità di stopper sui playmaker avversari sono parecchio simili.
Ricorda anche il primo Wade arrivato nella lega, quell’eurostep e alcune torsioni in entrata sono forti rimandi.
Ma andando a scavare tra le point guard NBA appena sotto il livello All-Star e che hanno terminato il college prima di passare ai pro, Reggie Jackson è il nostro uomo. Il ceiling di Dunn come passatore è sicuramente più alto, ma per la durezza fisica e mentale e il potenziale da realizzatore i due sono parecchio vicini.
E anche i progressi al tiro da tre paiono alquanto speculari:
(N.B. non è presente nel grafico la stagione 2013-14, dove Dunn ha giocato solo 4 partite)
Se Kris Dunn dovesse vincere il Rookie Of The Year, sarebbe il terzo T-Wolves ad aggiudicarsi questo premio per la terza stagione consecutiva. Il che non sarebbe soltanto un traguardo storico per la franchigia, ma metterebbe un altro tassello al processo di ricostruzione cominciato da Flip Saunders qualche anno fa e che continuerà con Thibs.
Perché questo avvenga, si devono allineare una serie di condizioni ideali (l’infortunio a Ben Simmons è avvenuto dopo che l’autore aveva già scritto queste righe conclusive NDR) e in ogni caso dovrebbe fronteggiare rivali tosti come Ingram, Hield e Jamal Murray.
A guardare più in là, oltre la forbice dei 20-25 minuti di minutaggio e a un tiro da 3 non ancora da garanzia NBA , Kris Dunn è l’ennesimo under 25 a roster. Quando subentrerà a Rubio, probabilmente l’obiettivo minimo dei playoff (che non toccano da 12 anni) sarà stato raggiunto. Solo allora, i Timberwolves potranno puntare all’obiettivo massimo: with toughness & speed.