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The Whiteside of the moon

Edoardo Conti by Edoardo Conti
6 Settembre, 2019
Reading Time: 6 mins read
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Quando Hassan Whiteside venne ripescato dal guado dell’anonimato da un tanto lungimirante quanto disperato Pat Riley, tifosi e addetti ai lavori o non avevano la minima idea di chi fosse o facevano di tutto per non ricordarselo: testa calda, scarsa attitudine a seguire le regole, e un’etichetta da “unreliable” che nella peggiore delle ipotesi ti porta a uscire molto presto dai radar del basket che conta. Evenienza puntualmente verificatasi con la lunga spola tra Cina e Tripoli dove però, stando ai racconti dell’illustre compagno di squadra Corey ‘Homicide’ Williams (han militato insieme in Libano), il ragazzo sembrava lavorare molto per tornare a grandi livelli.

In realtà la passione per il gioco non si è mai sopita, anche quando era lecito aspettarselo in avvilenti frangenti cestistici orientali che rischiavano di inghiottirlo spegnendo quella fiamma di riscatto che oggi lo rende tra i lunghi più pagati della NBA intera.

Iniziamo da qui, iniziamo da una folle serata di metà gennaio dove un eterno rinnegato fece impazzire l’intero frontcourt dei Clippers senza fare prigionieri. Non venne risparmiamo nessuno, né in campo né fuori, perché quando giochi a Los Angeles, un po’ come a New York, l’aria è sempre diversa, e lo è ancora di più quando hai la possibilità di mostrare il tuo valore a uno che non solo ti ha sbattuto la porta in faccia, ma ha pure combattuto per farlo. Doc Rivers, colui che per viltade fece il gran rifiuto, non ha voluto saperne di Hassan, anche quando il resto della dirigenza pensava potesse essere una buona occasione.

Cosa è successo ve lo spiega lui:

“I got a chip on my shoulder. Every team in the NBA said no to me. Especially this team. I mean, I couldn’t even get a training camp invite. The Clippers thought it was a good idea; Doc said no. I tried to get a workout then; Doc said no.”

“I got a chip on my shoulder”,  sette inflazionate parole a cui difficilmente vengono fatte seguire azioni tali da giustificarle: non questa volta, non quando in 29 minuti d’impiego fai registrare 23 punti & 16 rimbalzi rendendo imprescindibile la tua presenza per i compagni. Sotto gli occhi di Doc, ogni rimbalzo catturato, ogni seconda chance procurata e ogni giocata chiusa, è un chiaro riferimento a ciò che poteva essere ma non è stato. Un dominio fisico-atletico allarmante, ma d’altro canto, chi poteva aspettarsi una cosa del genere?

Meteora, fuoco di paglia, money-searching, sono gli epiteti che accompagneranno il nome di Hassan per tutto il resto della stagione, anche quando le doppie-doppie non fanno più notizia e Miami espugna lo United Center di Chicago grazie ad un’altra clamorosa performance da 14 punti 13 rimbalzi e 12 stoppate. Giusto per strapparvi un sorriso, le dodici stoppate inferte in quasi tre quarti gioco in Illinois sono appena una in meno rispetto a quelle realizzate da Greg Oden nell’intera annata 2014-15 a South Beach.

“Vedo un sacco di giocatori fare triple doppie con gli assist ma nessuno con le stoppate. Esatto, nessuno le fa con le stoppate!”. 

Nella sua carriera Whiteside ha realizzato quattro triple doppie, tutte comprendenti stoppate e tutte a partire da Gennaio 2015; nelle ultime trenta stagioni solamente quattro giocatori hanno realizzato almeno quattro triple doppie con le stoppate: Dikembe Mutombo, Hakeem Olajuwon, David Robinson e Shawn Bradley.

Il tempo passa, il giocatore sposa felicemente la rigida cultura Heat e un’accresciuta percezione delle cose fa sorgere il piacevole dubbio di aver pescato l’ennesimo coniglio dal cilindro. Detto fatto, per la prima volta nella storia un giocatore passa dal minimo al massimo salariale in una sola estate, e i tempi in cui i tifosi gridavano allo scandalo per il taglio di Shannon Brown sembrano ormai lontanissimi.

Hassan è speciale, lo dice il suo viaggio, lo dicono le sue avventure ma soprattutto lo dice Pat Riley, che confessa di non aver mai visto un fenomeno di crescita tale in oltre cinquant’anni di carriera. Un amore decantato non solo a parole, ma anche a gesti, terribili e imprudenti gesti che hanno dato vita a devastanti effetti collaterali.

Infatti, dopo aver lontanamente sperato di far approdare Kevin Durant in Florida, l’off-season degli Heat si è totalmente incentrata sul rinnovo del lungo, ma quando scatta la deadline per ingaggiare free agents c’è solo una cosa da fare: offrire più degli altri. 98 milioni in quattro anni sono il prezzo da pagare per un futuro che segna il definitivo punto di rottura con il passato più rinomato e vittorioso targato D.Wade. La notte del 15 Luglio, in un perfetto mix di sgomento e incredulità, l’ex Marquette si accorda con i Chicago Bulls.

“They didn’t event fight” scriverà all’amico e giornalista Ethan Skolnick (ex Insider dei Miami Heat attualmente a CBSSports NBA), a riprova del fatto che  Dwyane Wade è stato lasciato andare,  non (solo) per soldi, ma per una totale estraneità ad un senso di riconoscenza e gratitudine che in una NBA sempre più spietata e frenetica rischia di paralizzarti pesantemente. Questo è Pat Riley, prendere o lasciare, e quando si parla di business non guarda in faccia nessuno.

Hassan Whiteside è il nuovo volto dei Miami Heat, e i motivi per ben sperare ci sono tutti: dal suo arrivo a South Beach il ragazzo ha fatto registrare notevoli miglioramenti in diversi aspetti del suo gioco, compreso quello caratteriale, tra i più importanti quando firmi un contratto a certe cifre. Braccia lunghissime e una massa muscolare adamantina si coniugano perfettamente a notevoli qualità atletiche che lo rendono un ostacolo insormontabile per chiunque voglia inoltrarsi nel pitturato; la sua sola presenza è un deterrente per gli esterni avversari, ma il vizio di ricercare la stoppata e gonfiare le statistiche resta un punto interrogativo, soprattutto per il successo di squadra. Ci saranno momenti in cui sarà più importante un taglia-fuori ben realizzato, uno spazio meglio occupato o un passaggio per un assist del compagno, tutte situazioni che non vanno a tabellino ma fanno vincere le partite.  Per il resto, meno falli a inizio gara (dieci mesi fa era sistematica la sostituzione due minuti dopo la palla a due) ed un’accresciuta capacità di leggere aiuti e raddoppi hanno reso la difesa di Spoelstra tra le roccaforti più solide nella prima metà della scorsa stagione.

In una Lega sempre più small e disinteressata alla taglia, Hassan si conferma una vera e propria macchina da rimbalzi e second chances difficilmente contenibile: quando è in campo, il nativo di Gastonia agguanta il 22.7% dei rimbalzi disponibili, secondo solo a Drummond che però gioca quasi quattro minuti in più del collega. Ad una migliorata presenza difensiva si aggiunge un bagaglio offensivo innovato con un jumper dai 5 metri utile a creare migliori spaziature per le entrate dei compagni, Dragic e Winslow su tutti.

https://www.youtube.com/watch?v=8CDiWLaKcns

Aspettatevi molto di 1:10 e 1:16 in questa stagione.

Fondamentale il miglioramento in lunetta dove da un opaco 50% si è arrivati ad un più che discreto 70% che gli consente di giocare i finali di gara senza essere vittima dell’ “Hack-a-…“, un vero lusso di questi tempi. Da non sottovalutare nemmeno la grande abilità da rollante con 1.34 punti a possesso in situazioni di pick & roll ed un percentile pari al 94 per cento (solo il 6% dei giocatori NBA fa meglio di lui in questa situazione di gioco)

Nel grafico in questione possiamo inoltre notare come il centro degli Heat abbia il miglior rapporto tra la percentuale concessa al ferro e la realizzazione entro i tre piedi dallo stesso, indice di ottimo senso nel prendere posizione sotto il canestro.

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Quest’anno la brillante mente di Spoelstra avrà il compito di unire le qualità di Dragic a quelle di Whiteside per creare un pace elevato che possa mascherare le difficoltà del lungo a giocare a metà campo. Rebus sic stantibus, non è da escludere un assetto tattico che richiami il four-out-one-in di Orlando ai tempi di Van Gundy, con il cinque ad attirare l’attenzione dei difensori per liberare la mano dei tiratori, soluzione che incarnerebbe alla perfezione gli ideali di versatilità e position-less basketball propugnati dal Coach.

giphy
Hassan prende il rimbalzo e corre in contropiede affiancato da quattro esterni versatili tra cui uno stretch four affidabile dal perimetro, Babbit probabilmente. Si cercherà di giocare il più possibile in velocità con Dragic a catalizzare la manovra, cosa che solo a tratti riusciva con Wade.

In questa direzione  importanti indicazioni si sono viste al debutto in preseason contro Washington, in cui il centro è apparso visibilmente dimagrito e reattivo nell’eseguire ribaltamenti di lato, per la gioia dei compagni che sperano di ricevere qualche assist in più rispetto ai pochissimi elargiti nell’arco degli ultimi due anni. Running & Spacing saranno le parole d’ordine tra le fila di Spoelstra.

A 26 anni e con la maturità cestistica dietro l’angolo, la nobilitate del ragazzo si parrà nell’assorbire più minuti, partite e responsabilità così da attendere le grandi aspettative che si sono create attorno alle sue possenti spalle. La stagione degli Heat è collegata a doppio filo all’esplosione di Winslow e alla definitiva consacrazione del suo uomo più pagato, alla prima volta da principale terminale offensivo dopo due annate da quarta, forse quinta opzione. In un evidente anno di transizione lo scoglio principale sarà mantenere una mentalità vincente che permetta di evitare quel senso di appagamento che in passato ha già mietuto vittime illustri, Andrew Bynum su tutti.

A South Beach però sono tranquilli, Hassan ha già fatto qualcosa di speciale e replicare non sarà certo un problema.

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“Nobody’s doin’it with blocks”
Tags: HeatrileyWadewhiteside
Edoardo Conti

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