Un’idea sulle scelte di mercato dei Bulls, in redazione, ce la siamo già fatta, ma in questo articolo mi limiterò ad analizzare la trade che porterà Michael Carter-Williams a Chicago e Tony Snell a Milwaukee.
In seguito alla chiusura dell’affare (che nel momento in cui scriviamo non è ancora ufficiale solamente per motivi burocratici, ma è da considerarsi tale), le opinioni sul tanto amato web sono state contrastanti: chi vede il problema nel roster di Chicago, chi fa spallucce perché tanto è stato ceduto solo un giocatore mediocre come Snell, chi invece addirittura è contento dell’arrivo di Carter-Williams nella propria squadra perché vede in lui quel Rookie of the Year che nel 2014, a Philadelphia, sembrava dominare.
C’è quindi un primo mito da sfatare (che poi parlare di “mito” in questo caso è anche molto esagerato): MCW non è un’élite NBA e non lo sarà mai, non è tra i primi nel suo ruolo e nemmeno tra i secondi, ha vissuto una stagione da rookie rilevante solo statisticamente ed è un giocatore completamente inefficiente per una squadra come i Bulls, che ha già i propri problemi di spaziature. Se vi sembra un giudizio crudele, passiamo ai fatti.
Il prodotto di Syracuse è arrivato in NBA dopo due anni di college, nel 2013, come undicesima scelta assoluta al Draft. Un Draft, per inciso, tra i più scarsi degli ultimi anni (esclusi Giannis, Adams e Oladipo, gli altri sono al massimo dei buoni role player). Si è ritrovato in una squadra, i Sixers 2013-14, che contava a roster giocatori del calibro di Jarvis Varnado, Adonis Thomas, Byron Mullens e Casper Ware e che alla fine ha vinto la bellezza di 19 partite. Nel deserto più arido (Noel, rookie come lui, è stato infortunato tutta la stagione) Carter-Williams ha effettivamente dominato chiudendo con 16.3 punti, 6.2 rimbalzi e 6.3 assist di media. Certo, bisognerebbe parlare anche del 40% dal campo, del 26% da tre punti, delle 3.5 palle perse a partita. Nonostante questo, la Trinità delle Statistiche (punti, rimbalzi e assist) ha maggior visibilità e, complice anche l’assenza di una valida alternativa escluso forse Oladipo, MCW ha conquistato a fine stagione il Rookie of the Year.
Quel che è successo dopo è emblematico: a metà del campionato seguente Hinkie ha deciso che un giocatore così, Rookie of the Year, nonostante il ritorno di Noel in campo comunque “faro” dei Sixers, dovesse finire sul mercato ed essere ceduto ai Bucks alla deadline. Tra l’altro Milwaukee ci è cascata bellamente mettendo sul piatto la prima scelta, Top 5 protected, dei Lakers che poi è diventata D’Angelo Russell. Nel suo anno e mezzo ai Bucks, MCW non è migliorato in nessuno dei suoi punti deboli: continua a perdere una pioggia di palloni (2.8 di media l’anno scorso, a fronte di 5.2 assist, e quindi un rapporto AST/TO superiore solo ad altre sei point guard in tutta la NBA) e non ha sviluppato un tiro credibile. Il risultato è stato che pure ai Bucks, dove il suo contratto pesa pochissimo (è ancora all’interno dell’accordo da rookie, in scadenza l’estate prossima), è finito sul mercato.
Hanno abboccato i Bulls. Ed eccoci al nostro punto: l’inutilità, e forse anche la dannosità, di Carter-Williams a Chicago. Parliamo di una squadra che ha ambizioni di Playoffs e nulla più, ma MCW va ad aggiungersi ad un backcourt formato da Rondo, Wade, Grant e, perché no, Butler (anche se giocherà praticamente solo da ala piccola vista la presenza di Flash). I citati quattro più Carter-Williams hanno combinato per un totale di… Sparate un numero, non sarà mai abbastanza alto.
If you’re keeping track at home, Rondo+Butler+Wade+Grant+MCW are a combined 951 of 3284 (29.0%) from 3-point range in their NBA careers.
— Nicholas Sciria (@Nick_Sciria) 16 ottobre 2016
Il 29% di media, in cinque. Nel 2016, in una NBA che dà sempre maggiore importanza al tiro da fuori, i Bulls decidono non solo di puntare su Rondo e Wade, ma di aggiungerci ad un paio di settimane dall’inizio della stagione anche Carter-Williams. Quest’ultimo sarà sicuramente bravissimo a smentirmi, magari anche con più tranquillità nella mente visto il ruolo di Sesto Uomo (?), ma ad oggi la situazione per Chicago è quasi tragica. Di seguito la mappa di tiro del playmaker nella scorsa stagione, specificando che nei tiri da tre punti open (ovvero con più di un metro abbondante di spazio) ha tirato con circa il 28%.

Per evitare incomprensioni e per par condicio, questa è invece la mappa di tiro di Carter-Williams nell’anno da rookie, fin qui sua stagione migliore agli occhi dell’opinione pubblica da quando è in NBA:

Non sarebbe però giusto parlare solo di Carter-Williams, mettere in evidenza i suoi limiti, senza considerare l’altra parte della trade: i Bucks. Milwaukee ha ricevuto Tony Snell, un giocatore approdato in NBA come un oggetto misterioso da plasmare e fin qui mai ancora plasmato. Ha senso Snell per i Bucks? Non del tutto, ma nel complesso diciamo di sì. Basandosi su quanto ha fatto vedere in questi primi tre anni da professionista, è sicuramente un buon difensore e le sue braccia chilometriche (7’0” di wingspan) gli permetteranno di integrarsi al meglio su quel lato del campo nella squadra con l’apertura alare più ampia della lega. Lui sì, al contrario di MCW, è un discreto tiratore (36% da tre punti nelle ultime due stagioni) in situazione di spot up, in grado di punire una difesa che gli lasci troppo spazio. Senza dubbio un giocatore che, pur andando a sistemarsi in un angolino per aspettare lo scarico, avrebbe allargato il campo a Chicago più di quanto non farà MCW. Snell aiuterà effettivamente i Bucks? Probabilmente non più di tanto, anche perché l’obiettivo sarebbe quello di mettere una pezza al problema al tiro che affligge anche la squadra di Jason Kidd dopo l’infortunio di Middleton. L’ala ex Bulls non sarà sicuramente sufficiente a farlo, salvo clamorose esplosioni in questa stagione, ma perlomeno è un tentativo nella direzione giusta.
Ed è proprio questo che si vuole contestare alla dirigenza di Chicago: il non tentare di fare la mossa giusta, non provarci nemmeno, ma quasi di proposito prendere i giocatori sbagliati, nel momento sbagliato, nel sistema sbagliato, con l’allenatore sbagliato. Paradossalmente, nonostante uno sia un ex Rookie of the Year e l’altro un semi-sconosciuto che forse solo chi segue assiduamente la NBA conosce, questa trade l’hanno ”vinta” i Bucks, o almeno non l’hanno persa. Cosa che non si può dire invece dei Bulls.