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Cavs & Warriors, still you?

Lorenzo Bonacina by Lorenzo Bonacina
6 Settembre, 2019
Reading Time: 8 mins read
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30 teams, one goal. #ThisIsWhyWePlay, questo è quello che compare nella bio del profilo Twitter della NBA.
Che tutte le 30 squadre competano ad un solo e unico obbiettivo non è solo il motivo per cui giocano, ma è sopratutto una delle ragioni che ha reso la NBA il prodotto più esportato dagli Stati Uniti, anche più della Coca Cola o di McDonald.
E’ vero, la lega di basket americana garantisce un prodotto unico in quanto a qualità e vi è un tasso di atletismo che garantisce un’altissima spettacolarità, e la NBA punta molto su questi suoi evidenti punti di forza, ma questo probabilmente è ciò che attrae lo spettatore medio, ciò che fa innamorare un appassionato di sport a 360’ è altro.
Siamo abituati, nei nostri campionati sportivi europei, ad avere sempre quella manciata di squadre di vertice con un Budget estremamente superiore a tutte le altre, il che rende le competizioni divise tra chi lotta per salvarsi, chi per la metà classifica e chi realmente per il titolo, e per una favola che ci rapisce il cuore ci sono 20 campionati che finiscono nelle mani dei più ricchi.

Nella Nba tutto questo è ormai solo un incubo sbiadito, cancellato da dinamiche che non prevedono la retrocessione, dal sistema della lotteria del draft ma sopratutto dal così detto salary cap.
Il salary cap, è una cifra variabile, annualmente decisa dall’organizzazione, che le franchigie Nba devono rispettare nel momento in cui firmano dei giocatori.
In caso di sforo la lega prevede il pagamento di sanzioni tanto grandi proporzionalmente a quanto si è sforato il tetto, fino poi ad arrivare alla soglia di Luxory Tax dove la sanzione diventa esageratamente grande, un dollaro per ogni dollaro in eccesso.

luxory-tax

Ma non è solo il tetto massimo ad essere deciso a tavolino bensì anche il tetto minimo, infatti ogni franchigia è obbligata a spendere almeno un dollaro in più della cifra che la Nba designa come minimo.
Questo egualitarismo ha fatto si che nella storia della lega americana ben 26 franchigie diverse siano arrivate all’atto conclusivo e che 17 banner sventolino in palazzetti diversi.

Non fraintendete ciò che avete appena letto, questo non significa che ogni stagione tutte le 30 squadra puntano a sollevare il Larry O’Brien ma che ogni squadra ha l’obbiettivo di diventare una Contender utilizzando le diverse strategie per mezzo della quale è possibile farlo.
Sulla scrivania di ogni GM della NBA dovrebbe esserci una fascicolo con scritto “How we are going to win the title”, che poi sia un progetto che abbia come termine di realizzazione 2, 5 o 8 anni non è troppo rilevante.
Tutte queste limitazioni, questi meccanismi fanno si che sia difficile che una squadra resti al vertice per molto tempo, ci sono le eccezioni come i Celtics degli 11 titoli in 13 stagioni dal ‘57 al ‘69, ma quelli erano tempi completamente diversi non era ancora stato istituito il salary cap, che dopo un periodo sperimentale entrò ufficialmente in vigore nel 1984, oppure degli Spurs che hanno centrato 6 Finals in 16 anni, con l’incredibile impresa di essere riusciti a portarsi a casa due titoli a 11 anni di distanza mantenendo la stessa colonna portante, ma il front Office di San Antonio è senza dubbio difficilmente imitabile.

Il dato emblematico che colpisce più di tutti lo si nota scorrendo l’elenco delle serie finali, il fatto che nessuna serie si sia ripetuta per più di due anni consecutivamente rende l’idea di quanto sia difficile restare al vertice.
Anche se magari in una conference si era instabilita una “dynasty” sull’altra costa gli avversari (o sparring partner talvolta) si succedevano e davano comunque vita ad un cambiamento.

La situazione della NBA attuale è abbastanza controversa e problematica per la lega stessa.
Sulla costa Est dalla stagione 2010/2011 in poi vige un’ “egemonia reale” che porta il nome di Lebron James, che ha collezionato 6 finals e 3 titoli con le maglie dei Miami Heat prima e dei Cleveland Cavaliers poi.
Sulla costa Ovest invece, i Golden State Warriors hanno battuto nella scorsa annata il record ogni epoca di vittorie in una stagione regolare e nella free agency sono andati a aggiungere l’ennesimo diamante alla loro collezione con la firma di Durant che ha scatenato il finimondo su social e tra gli addetti ai lavori.
Se chiedessimo a 10 persone di esprimere un pronostico su chi giocherà le Finals 2017 almeno 8 persone risponderebbero senza esitare “Cleveland – Golden State”.

OAKLAND, CA - JUNE 19:  Kyrie Irving #2 of the Cleveland Cavaliers shoots a three-point basket late in the fourth quarter against Stephen Curry #30 of the Golden State Warriors in Game 7 of the 2016 NBA Finals at ORACLE Arena on June 19, 2016 in Oakland, California. NOTE TO USER: User expressly acknowledges and agrees that, by downloading and or using this photograph, User is consenting to the terms and conditions of the Getty Images License Agreement.  (Photo by Ezra Shaw/Getty Images)

Se dovesse succede sarebbe una prima volta, mai come già anticipato sopra una Finals aveva vissuto un Three peat, questo è un record che potrebbe stizzire gli spettatori e anche la lega che vorrebbe evitare questa situazione, sopratutto in un momento come questo dove la Nba si sta espandendo a macchia d’olio in tutti e 7 i continenti.
E’ stato lo stesso Commisioner Adam Silver ad ammettere che la mossa di Durant, e la formazione di quello che gli addetti ai lavori hanno etichettato come “super team”, è stata a discapito dell’interesse della lega.

E’ stato lo stesso Commisioner Adam Silver ad ammettere che la mossa di Durant, e la formazione di quello che gli addetti ai lavori hanno etichettato come “super team”, è stata a discapito dell’interesse della lega.

Riprendendo il filo d’Arianna nel labirinto delle dinamiche Nba, una finale preannunciata non è gradita a nessuno, tanto meno se è quella che si ripete da due stagioni, e malgrado la Nba stia cercando di creare un hype speciale intorno a questo match, inserendolo ancora una volta al centro del Christmas day e cercando mediaticamente di creare una nuova rivalità “Boston-Lakers”, la costruzione delle regole salariali e il meccanismo ciclico della lega servirebbero proprio ad evitare questa superiorità di due squadra sulle altre.
Ora passiamo più nello specifico ad analizzare le cause che hanno portato a questa situazione e gli effetti che potrebbe avere in una visione più ampia.

Non è sicuramente un caso che la formazione dei “Super” Golden State Warriors sia coincisa con l’innalzamento del tetto salariale, aggiungere KD a tutte le altre stelle già presenti a roster non è stato per niente semplice poiché la squadra di Coach Kerr ha dovuto rinunciare a: Harrison Barnes, Bogut, Barbosa, Ezeli, Speight e Rush, senza la crescita del CAP sarebbe stato impossibile se non sacrificando una delle stelle principali.
Un altro fattore importante che ha permesso l’arrivo di Durant nella baia è stato il fatto che Steph Curry sia esploso l’anno dopo aver firmato il prolungamento di contratto.
Nel momento in cui firmò la sua estensione con i Golden State Warriors infatti il cecchino con il numero 30 non se la passava per niente bene, veniva da una serie di infortuni che lo avevano fatto etichettare come injury prone, inoltre erano in molto a nutrire dubbi su di lui anche dal punto di vista tattico.
Infatti Curry questa stagione percepirà 12’112’359 dollari, che considerato il fatto che ci saranno ben 82 giocatori che guadagneranno più di lui nella prossima stagione è una cifra irrisoria sopratutto se relazionata all’attuale mercato.
Questo ha permesso una grande flessibilità di manovra agli Warriors che però si troveranno difronte ad una bivio nella prossima estate, poiché Curry esigerà a ragione un massimo salariale e loro dovranno necessariamente avere lo spazio per concederglielo.

Quasi si spiega il motivo per cui tutti i colpi, oltre a Durant, di questa off season ovvero: David West, Zaza Pachulia, Javale McGee e il rinnovo di Varejao sono stati eseguiti offrendo contratti annuali.
La situazione di Golden State è delicatissima, ma ci torneremo poi più approfonditamente.
A Est il discorso può sembrare più semplice, da sei anni a questa parte chi ha Lebron a roster arriva alle Finals.
Ci sono stati diversi fattori però, che hanno aperto la strada a questo monopolio.
Infatti, se ricordate bene, il ritorno a Cleveland del Re era stato propiziato dalla dea bendata poiché i Cavaliers avevano ricevuto in 4 anni 3 prime scelte assolute al draft:
Lebron James che da sempre aveva nascosto nel cassetto il sogno di tornare a casa si è ritrovato una squadra competitiva, con un roster più futuribile di quello che aveva attorno a South Beach e con una prima scelta (che fu Wiggins) pronta ad essere scambiata per un giocatore già pronto.

Lebron James come il migliore Frank Underwood è riuscito ad approfittare degli anni disastrosi di Cleveland che erano stati causati dalla sua partenza in direzione Miami.
Una volta tornato a Cleveland nessuna squadra aveva realmente le carte per competere, fatta eccezione a mio parere per Chicago che però ha dovuto inchinarsi ripetutamente alla malasorte.

Questa superiorità di Cleveland e Golden State che cause ha portato/porterà?

Non è un indizio da poco che nel mercato delle trade la situazione sia rimasta ferma, o meglio, senza grandissimi colpi di scena successivamente al draft.
Voi, nei panni di un General Manager di una squadra in ascesa, cosa fareste se ci fosse una franchigia che a ritenete quasi impossibile battere indifferentemente dalle tue mosse di mercato? Io cercherei di trattenere più possibile gli asset, coltivare i talenti più limpidi che possiedo e magari rimandare la mia esplosione del tempo necessario alla squadra al top di calare leggermente (che per Cleveland potrebbe coincidere con l’inesorabile avanzamento dell’età per Lebron James e per Golden State i rinnovi dei giocatori più importanti).
E sembra che il mio pensiero sia condiviso anche dai GM che nell’ultimo “mercato” hanno optato per una certa immobilità.
Fanno eccezione i New York Knicks ed in parte i Chicago Bulls, per i quali però, vale un discorso a parte.
Sono franchigie che hanno approfittato di opportunità per compiere un piano che sotto il punto di vista del marketing rasenta i limiti della perfezione, dal punto di vista tecnico lascia qualche questione aperta. Ovviamente sarà il campo a dare dei giudizi ma i portafogli delle squadre ne gioveranno comunque.

Ma chi pensa che questo dominio possa durare ancora per molto si sbaglia a parer mio, perché Lebron ha ormai 32 anni e quasi 40 mila minuti giocati da professionista (per rendervi l’idea più di quanto abbiano giocato Nash o Iverson in carriera) e a meno che Irving riesca nel giro di una/due stagioni a sostituirlo come primo violino ci potrebbero essere delle squadre, come Boston, Toronto o Indiana che potrebbero davvero infastidire i Cavs.

A ovest come preannunciato la prossima off season sarà critica per Golden State, che si potrebbe ritrovare con 87 dei 107 milioni del cap occupati dai contratti di 4 giocatori ovvero Curry, Durant, Thompson e Green, con pochissimo spazio per compiere qualsiasi manovra e per costruire una panchina all’altezza delle ambizioni.
Può darsi che avere 4 campioni del genere basti a piegare tutte le squadre, ma spesso la storia ci ha insegnato che sono i gregari a decidere le serie, il piano degli Warriors è tanto attraente quanto rischioso, devi sperare che tutti i giocatori restino arrivino in salute nel momento clou e sopratutto che avere tutti quelle stelle in uno spogliatoio non diventi un problema.

kd

Ma quindi dove la lega ha, se ha, sbagliato? Come poteva evitare che succedesse questo?

Semplicemente poteva pochissimo e non trovo grossi errori nel comportamento di Silver & Co., si leggevano commenti (a cui mi vergogno dare spazio) che chiedevano alla lega di bloccare il trasferimento di Kevin Durant agli Warriors come avvenne per Chris Paul ai Lakers.
Prima di tutto nel caso di CP3 si parlava di una trade, dove la Nba si riserva sempre un diritto di veto, in secondo luogo i New Orleans in quel periodo erano commissariati alla lega in mancanza di un proprietario e terzo e secondo me fondamentale punto su cui bisogna focalizzarsi è che nessuno: la lega, l’associazione giocatori e nemmeno il papa ha il diritto/autorità di impedire ad un giocatore di compiere la scelta che a lui sembra più adeguata per il compimento dei suoi obbiettivi lavorativi.
Per quanto riguarda Cleveland cosa doveva fare la lega, forse bloccare il ritorno a casa del Re? Oppure dire: “siete stati troppo fortunati la prima scelta non ve la do”?
Credo che sia la lega la prima a guardare con dispiacere la situazione della Nba attuale, e la formazione dei super team tanto quanto guardi con rammarico il tanking estremo operato da Philadelphia, forse si avrà per la prima volta il three peat di una finale ma sono quasi certo che la stessa partita non sarà ripetuta per la quarta volta.
Perché le dinamiche Nba sono come il Karma, prima o poi ti presentano il conto, e sopratutto perché ci sono altre 28 squadre con un obbiettivo unico pronte ad approfittare di ogni singola occasione per sfilarti lo scettro dalle mani.

Lorenzo Bonacina

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