Grande vittoria nella notte per Kawhi Leonard e i suoi Clippers contro la sua ex squadra, i San Antonio Spurs. La squadra di LA, guidata dal suo leader, sommerso dai fischi ogni volta che toccava palla, ha vinto senza soffrire molto per 134-101 grazie ad una prestazione balistica di altissimo livello, come testimonia una percentuale di squadra dall’arco superiore al 50%. Convincente anche la difesa, che ha bloccato gli Spurs. Ma questi Clippers, che hanno disperato bisogno di continuità e che sono sempre tormentati dagli infortuni, riusciranno a trovare la quadra in tempo per i playoff?
La silenziosa stagione di Leonard
Sarà perché Kawhi ha sempre un’aura di mistero intorno a sé, sarà l’assenza di quell’appeal mediatico che circonda le altre star, sarà il suo essere un leader silenzioso, ma la stagione di Leonard sta passando in sordina. Le cifre messe su stanotte potrebbero sembrare normali. 25 i punti, 7 rimbalzi e 3 gli assist, infatti, sono numeri sicuramente buoni, ma non da MVP della lega. Quando uno va a guardare la colonna dei palloni recuperati e scopre che sono 5, si ricorda che i mezzi fisici di Kawhi sono impressionanti, e che quando vuole è ancora uno dei migliori difensori della lega, soprattutto sul perimetro, come ha dimostrato oggi.
Ma sono l’efficienza e la facilità con cui Kawhi mette questi numeri a sorprenderci. Sembra quasi assonnato, se vogliamo esagerare addirittura svogliato, ma segna 25 punti con 12 tiri dal campo, immacolato dall’arco e dalla lunetta.
Supportato dalla buona serata al tiro dei compagni, tra cui mancano Beverley e Ibaka, giocatori chiave assenti da ormai 5 partite, Kawhi guida da leader i suoi alla vittoria. È l’unica vera certezza dei Clippers, con una stagione che difficilmente lo vedrebbe fuori dal primo quintetto All-NBA. Per quanto non sia sotto i riflettori, la sua stagione è da 25.9+6.3+4.8, a cui aggiunge 1.8 palloni recuperati, e percentuali irreali. Non entra nel famoso club 50-40-90 solamente perché tira i liberi con l’87%. Ma a fare impressione è la sua capacità di segnare da ogni zona del campo. Siamo a un irreale 75% al ferro, ma anche il tiro dalla media, convertito col 46%, è un dato d’élite. Soprattutto perché derivante da quei tiri cadendo indietro pesantemente contestati che stanno diventando il suo marchio di fabbrica.
Il ritorno dell’ex
In un periodo della NBA vicinissimo alla trade deadline, vedendo i fischi dei tifosi Spurs a Kawhi, ex che non si è lasciato bene con San Antonio, viene naturale ripercorrere i giorni di quella separazione. La storia è abbastanza nota, siamo ai playoff del 2017, e gli Spurs, dopo aver vinto contro i Rockets, sono alle finali di conference contro i Warriors imbattibili di Steph, Klay, Green e Kevin Durant. Kawhi gioca una gara irreale, portando i suoi sopra di oltre 20 punti, dominando, immarcabile per chiunque. Poi succede il fattaccio, cadendo da un tiro il piede di Leonard trova quello di Zaza Pachulia sotto di sé. La caviglia si gira, la stagione finisce, gli Spurs vengono spazzati via in sole quattro gare.
Il recupero dall’infortunio è molto lungo, complici anche problemi al quadricipite, difficili da risolvere. Ma lo staff medico di San Antonio, contrariamente all’entourage del giocatore, è convinto che Kawhi sia perfettamente in grado di giocare. In una stagione ad alta tensione, in cui dalle mura degli Spurs è uscito poco, l’epilogo non lascia molti dubbi sugli attriti tra la franchigia e la sua stella.
Leonard chiede lo scambio dopo aver giocato solamente 9 partite nella stagione regolare, e finisce a Toronto, dove resterà un solo anno, portando i canadesi al titolo. Il colpo di mano di Kawhi è stato un grosso precedente per la NBA. Per primo ha forzato la mano per andare via, e la sua franchigia l’ha dovuto accontentare per non perderlo a zero e per non inimicarsi gli altri giocatori della lega.
In un’era in cui il potere dei giocatori è sempre più alto, la mossa di Kawhi ha avuto un grosso effetto. Non avremmo probabilmente visto Anthony Davis e James Harden fare lo stesso, se Leonard non avesse aperto questa via. Non avremmo visto nemmeno i buyout di Batum e Griffin, impensabili anche solo un paio di anni fa. Di certo però con queste mosse non si resta nel cuore dei tifosi. I fischi dell’ AT&T Center per il loro vecchio pupillo lo testimoniano chiaramente.
Dove possono arrivare i Clippers?
Ad oggi i Clippers sono terzi nella Western Conference, con il record di 29-16, a una gara di distanza dai sorprendenti Phoenix Suns. Tuttavia alla squadra di LA non mancano i problemi. Nonostante le ultime 3 vittorie, tra cui la rimonta contro Atlanta, nelle ultime 10 il record è solamente di 5-5. Ad allarmare è l’atteggiamento della squadra, che alcune volte è clamorosamente distratta e priva di impegno. Non si è più ripetuta una disfatta come la sconfitta contro Dallas, ma alcune partite non lasciano buoni segnali. La sconfitta senza appello contro i Pelicans, 135 a 115, pesa per l’impegno quasi nullo dei giocatori.
Le assenze hanno un certo peso. I Clippers sono sempre tormentati da infortuni, e non trovano la continuità di cui avrebbero bisogno. Per il secondo anno di fila i quintetti iniziali cambiano di partita in partita, a causa dei problemi fisici. La buona notizia è che Leonard sta giocando nei back-to-back, in cui in generale i Clippers giocano meglio la seconda partita. Quella cattiva è che l’inizio da candidato MVP di Paul George sembra ormai solo un ricordo, per quanto la sua stagione sia comunque molto buona.
L’impressione è che i Clippers non abbiano ancora dimostrato di essere una vera e propria pretendente al titolo. Manca quella striscia di vittorie convincenti che faccia pensare a una squadra solida, anche, ma non solo, per i problemi fisici. Con le tre vittorie in fila la speranza per coach Lue è che la striscia continui. Anche perché Kawhi Leonard è un giocatore imprevedibile, e ce lo ha dimostrato già due volte: la prima con l’addio a San Antonio, la seconda con l’addio a Toronto, da campione in carica e MVP delle finali, un precedente unico nella storia.
Kawhi non ha esercitato l’opzione presente sul suo contratto per la prossima stagione, ed è di fatto free agent. Ad oggi sembra difficile vederlo lontano da LA, ma non dovremmo stupirci che in caso di una postseason fallimentare possa abbandonare la squadra verso altri lidi. Sembra difficile immaginarlo ora, ma Leonard ha una personalità imprevedibile. I Clippers devono convincere non solo per puntare all’anello, ma anche per tenere Kawhi sotto contratto. Quanto fatto fino ad oggi potrebbe non bastare.