L’All-Star game ha funzionato da boa di metà stagione NBA. Mai come quest’anno, con la seconda parte di calendario, stavolta da sole 72 partite per colpa della pandemia, addirittura svelata in un secondo momento. E dunque è tempo di dare i voti alle 30 squadre: promosse, bocciate o rimandate? Le avvertenze: le pagelle sono calibrate in base al potenziale dell’organico e agli obiettivi iniziali di franchigia, non per valore assoluto.
E poi, giusto ricordarlo, nelle leghe americane contano i playoff. Miami ha saputo conquistare le Finals partendo di rincorsa, il ricordo dovrebbe essere ancora nitido nella memoria di tutti. Insomma, i giudizi sono parziali. Ma è bello giocare: chi non è voluto passare dal banco alla cattedra, una volta nella sua vita?
WESTERN CONFERENCE
Utah Jazz: 9
27 vittorie e 9 sconfitte di record, il migliore della lega. Tre selezioni per l’All-Star Game: Donovan Mitchell, Rudy Gobert e Mike Conley. Coach Snyder candidato forte come miglior allenatore, il lungo francese come miglior difensore, Jordan Clarkson come miglior sesto uomo. I Jazz giocano una pallacanestro corale, senza dipendere troppo dagli estri o gli umori di un’unica stella, anche se Mitchell è l’uomo franchigia indiscusso.
PROSPETTIVE: Resta il dubbio su cosa potranno fare ai playoff, quando lo star power potrebbe avere la meglio sulla filosofia da cooperativa dei canestri, nella logica NBA, e l’ingaggio di Ilyasova non lo cancella di certo. Ma intanto solo applausi. A scena aperta. Malfidati noi, a torto, a dubitare della ritrovata serenità tra Mitchell e Gobert.
Phoenix Suns: 8
Chris Paul ha rivoltato come una frittata una franchigia che non gioca i playoff dal 2010. Attendere, prego… Il prosieguo di stagione sembra garantito oltre fine maggio e i Suns stanno comodi nel deserto in Arizona, davanti alle due squadre di Los Angeles, col clima ideale d’inverno e soprattutto uno scenario da mille e una notte immaginando il futuro di Devin Booker e di tanti giovani intriganti…
PROSPETTIVE: Se DeAndre Ayton saprà fare un ulteriore salto di qualità -i lunghi maturano dopo, rispetto agli esterni- Phoenix avrà il diritto di sognare in grande. In fondo, come ha detto a The Shot Riccardo Fois, assistente sardo dei Suns, “CP3 mica è venuto qui per perdere al 1o turno playoff…“. Però crediamo nella crescita per gradi. Prudenza dunque. Ma intanto: chapeau!
Portland Trail Blazers: 7.5
I Blazers, zitti zitti, hanno fatto un mezzo miracolo. 21 vinte e 14 perse nonostante gli infortuni di CJ McCollum e Jusuf Nurkić. Più l’assenza permanente di Collins e quella recente di Harry Giles che ha costretto Coach Stotts a giocare senza centro di riserva. Eppure…Eppure Dame Lillard sta giocando da legittimo candidato MVP, clutch come nessun altro sinora. Eppure Gary Trent di Junior pare avere solo l’appendice al nome, ormai. Eppure Melo Anthony non stona se nominato nella conversazione del migliore sesto uomo, più che altro per come decide le partite in bilico.
PROSPETTIVE: I rientri dei principali paggi di Lillard sono vicini, se non addirittura imminenti. Se tanto di mi dà tanto… I Blazers sono da corsa, probabilmente destinati a rendere il record ancora più lusinghiero. In ottica playoff il tiro di Robert Covington farà tanta differenza, nel bene o nel male.
San Antonio Spurs: 7+
Le Cassandre catastrofiste per adesso sono servite, io per primo che c’ero andato pesante sugli Spurs a inizio stagione. Alla pausa settimo posto a Ovest, 18-14 di record. Che non è esattamente il cerchio di Giotto, no, però per una franchigia in transizione, nella fase di passaggio tra due cicli profondamente diversi come personale e anagrafe neanche da buttare via. In Keldon Johnson Pop ha scoperto un Mustang da scatenare al galoppo, DeMar DeRozan resta un ottimo giocatore da stagione regolare, Patty Mills il trait d’union tra gli anni di gloria e quelli verdi speranza… Aldridge è in partenza, e non sarà rimpianto.
PROSPETTIVE: Come San Tommaso: voglio vedere per credere, in chiave playoff. Verosimilmente si giocheranno l’8o posto con Golden State. Immaginarli al play in sembra naturale, epitome di “color che son sospesi”. In gare secche potrebbero pagare l’assenza di un fenomeno. Però Pop ne sa una più del Diavolo…
Oklahoma City Thunder: 7
Non sono sicuro che Sam Presti, il General Manager seguace della filosofia di Hinkie e del concetto di tanking, ne sia entusiasta, ma i Thunder sinora se la sono giocata quasi sempre. Pur con un organico giovane e inesperto, assemblato per perdere. Ma la cultura vincente di franchigia è difficile smarrirla per strada, se inculcata nel DNA. Gilgious-Alexander per qualcuno avrebbe meritato l’All-Star Game, Darius Bazley intriga, ed è facile innamorarsi dell’intensità di Dort.
PROSPETTIVE: Prima o poi dovrà pur tirare i remi in barca. Però è squadra sbarazzina che immagino capace in gara secca di generare ancora qualche altra sorpresa, magari contro contender con la luna di traverso.
Los Angeles Lakers: 6.5
Con Anthony Davis sul parquet sono 16-6 di record. Solo 24-13 complessivamente: in sua assenza diventano un pesce fuori dall’acqua. Il giudizio tiene conto del fatto che il lungo da Kentucky University, infortunato al tendine d’Achille destro, quando conta ci sarà. LeBron a 36 anni sta giocando da candidato MVP, anche se, privo di Robin, la sua versione Batman febbraio 2021 è sembrata invecchiare di colpo. Dennis Schroeder sta giocando bene pure in difesa, Wes Matthews male, Marc Gasol ha la “tenuta” di chi è bloccato a casa dal lockdown. I proclami pre-stagionali da anello già assegnato erano prematuri, ma non è tempo d’allarmi.
PROSPETTIVE: La stagione dei Lakers si deciderà e andrà valutata ai playoff. Si sapeva, non c’è la notizia. Semmai preoccupano, più che qualche sconfitta di troppo, i quasi 35′ per partita giocati da James, e appunto le condizioni di Davis perché l’acciacco è di quelli insidiosi.
Los Angeles Clippers: 6.5
Sono appiccicati alla targa dei Lakers, a mezza gara di distanza, e questo a inizio stagione sarebbe stato visto come un signor traguardo. Il problema è che i Lakers sono stati rallentati dall’assenza di Davis e che davanti ai Clips ci sono pure Utah e Phoenix. In assoluto lo spogliatoio pare essersi ricompattato dopo l’implosione del campus di Orlando, e Kawhi Leonard sta disputando una stagione rimarchevole persino per i suoi standard. Ma i cali di tensione, le troppe ripassate subite e un Lou Williams lontano dai livelli migliori sono motivi di preoccupazioni. Comunque Nicolas Batum è una scommessa vinta.
PROSPETTIVE: Manca una point guard di qualità, con Beverley che è “cagnaccio” imprescindibile, ma non certo un facilitatore. Ibaka non ha ancora (?) ingranato le marce alte, ma soprattutto, quale versione di Paul George vedremo ai playoff?
Denver Nuggets: 6.5
Le prodezze del Joker hanno scongiurato la partenza falsa. Nikola Jokić ha incantato sinora, candidato credibile incluso nella conversione sull’MVP: a 26 anni per continuità fisica e di rendimento sta tirando fuori il meglio e dominando senza saltare o quasi… Pallacanestro da artista. Le partenze di Grant e Craig i Nuggets le hanno pagate in difesa, e Jamal Murray certo non è stato sinora quello ammirato nella “bolla” agli scorsi playoff. Ma Michael Porter Jr viene su bene e cresce pure in difesa, e l’impressione è che i ragazzi di Coach Malone abbiano “scollinato” dopo l’inizio ad andamento lento.
PROSPETTIVE: Erano partiti da terzi incomodi, alternativa alle corazzate di Los Angeles, e fanno ancora in tempo ad esserlo se Murray torna prestigiatore oltre che semplice “spalla” di Jokić, durante gli spettacoli proposti dall’attacco in alta quota. Ma sono corti per lunghi di qualità: deve giocare sempre il tipo dadaista.
Golden State Warriors: 6.5
Record vincente, alla pausa. Non era scontato, senza l’infortunato Klay Thompson. Curry sta facendo Splash che nemmeno all’Aquafan, anche per il compagno di reparto e di appellativo fuori causa. Stagione sensazionale sinora quella di Steph, anche per continuità. Ha indossato il mantello di leader più esplicitamente che in passato, in mancanza di alternative. Wiseman si conferma prospetto acerbo, ma incredibilmente suggestivo, Dray Green croce e delizia: fa e disfa, tanto coreografico quanto imprevedibile. Nico Mannion ha giocato poco, “incastrato” in G-League il più delle volte. Ma si sono intraviste belle schegge di futuro.
PROSPETTIVE: Conquistare i playoff sarebbe un’impresa, ma non è uno scenario inverosimile. Il play in potrebbe rivelarsi rampa di lancio per quello piccino con gli occhi di ghiaccio che tira dannatamente bene da 3 punti e che è riuscito a rendere meno inguardabile persino l’All-Star Game di Atlanta.
Memphis Grizzlies: 6.5
Ascoltate: 16 vinte e 16 perse può non apparire a prima vista chissà cosa, come record. Perché non lo è. Però provate a vederla come faccio io: lo hanno ottenuto senza vedere in campo per una singola partita Jaren Jackson, il cui infortunio è più segreto di quanto successo nel laboratorio di Wuhan un inverno fa. Parliamo del secondo miglior giocatore in organico. Slo-Mo Anderson ha alzato il livello migliorando al tiro, la panchina sera dopo sera tira fuori un jolly di qualità. E Memphis al Draft pesca spesso bene: le scelte di Xavier Tillman e soprattutto Desmond Bane ne sono l’ennesima riprova.
PROSPETTIVE: Beffati 12 mesi fa in ottica playoff, hanno provato a inserire la modalità “erase and rewind” tanto cara ai Cardigans, ma rischiano di “ricascarci”, formichine laboriose in eterno movimento vicino a Ja Morant, ma contrapposte a roster più nobili della concorrenza. Però non mollano un centimetro…
Dallas Mavericks: 5.5
Si sono salvati in qualche modo, prima dello stop, vincendone 3 di fila, ottavi, aggrappati alla scia playoff. Ma hanno fatto tanta, troppa fatica, sinora. Certo Porziņģis è stato più fuori che dentro il campo, certo Dončić ce ne ha messo di tempo per entrare in forma, iniziando la stagione fuori condizione. E poi è pur vero che Luka ha cambiato marcia sino a conquistare un posto da titolare all’All-Star Game (eppure sembrava DameTime…), ma i Mavs non sono sembrati assomigliare alla macchina da punti prefigurata a inizio anno. Ed hanno comunque sofferto in difesa, in particolare a rimbalzo.
PROSPETTIVE: In risalita. Ma hanno accumulato uno svantaggio considerevole e l’Ovest perdona molto meno della Eastern Conference. Insomma, finire con un accoppiamento “sbagliato” al primo turno playoff potrebbe essere fatale. E un’eliminazione precoce sarebbe deludente, diciamocela tutta.
Sacramento Kings: 5
Sì, hanno azzeccato la scelta di Tyrese Haliburton. Alla grande, persino: si gioca con Ball a oggi il premio di matricola dell’anno. Però Marvin Bagley è rimasto un incompiuto, e forse è il caso di rassegnarsi a questo punto, e Coach Walton si conferma…beh, Coach Walton. Alternano momenti in cui sembrano pronti a fare finalmente il salto di qualità ad altri in cui fanno rimpiangere i tempi di Boogie Cousins. Detto tutto. Ah, Fox sta giocando da fenomeno. Ma non basta.
PROSPETTIVE: Il pesce puzza sempre dalla testa e Vivek Ranadive è proprietario tanto appassionato quanto disastroso. I Kings sono reduci dall’ennesima mezza rivoluzione, con l’accantonamento di Divac da primo dirigente, e diventa complicato invocarne un’altra. Servirebbe stabilità. Però l’allenatore va cambiato: l’accoppiata Fox-Haliburton sul perimetro non può andare sprecata.
New Orleans Pelicans: 4.5
Che delusione! Coach (Stan) Van Gundy ha fatto più danni di un virus sul portatile di lavoro. Tra gli altro con gli italiani non sembra avere proprio un buon feeling: dopo aver rischiato di far deragliare la carriera NBA di Gigi Datome certo non sta facilitando quella di Nicolò Melli. Zion sta dimostrando a chi si improvvisava ortopedico sui social network che non deve per forza infortunarsi ogni 3×2 della Coop, e Brandon Ingram resta un talento incantevole, eppure i Pels hanno vinto 15 volte e perso 21, sinora. Redick è andato in tilt come ai tempi di Magic con Van Gundy, e Bledsoe rimane Bledsoe: chi pensavano di aver preso? Poi Adams certo difende, ma non allarga il campo e se hai Williamson… Insomma, i problemi sono pure strutturali. Ma se i tiratori non giocano…
PROSPETTIVE: Complicate. Non sembrano avere identità/maturità per sostenere un filotto di successi. Rischiano di restare con la pagliuzza più corta in mano.
Houston Rockets: 4
Vedere James Harden giocare col broncio, controvoglia, anche contro qualche compagno per dirla tutta, essere costretti a scambiarlo in fretta e furia e poi vederlo dominare per Brooklyn non deve essere facile. Perdere 13 volte di fila dev’essere persino peggio, comunque. Ma è essersi messi in casa quel contratto di John Wall la vera pietra tombale sugli orizzonti ambiziosi a medio termine di franchigia. Il talento non è certo da “discount”, ma la testa…Disfunzionale. Con Cousins sembravano il Gatto e la Volpe, poi a Boogie hanno concesso la libertà… Quantomeno è esploso Christian Wood: con lui sano e le battaglie della rivelazione Tate almeno i Rockets hanno provato a darsi un’identità difensiva. È durata per quanto è durata, pochino; Tucker è già con la valigia già in mano…
PROSPETTIVE: Concentrarsi sul Draft. Azzeccarlo. Oladipo ha rifiutato il rinnovo, non è detto sia un male. Non parlo di campo perché la stagione è andata.
Minnesota Timberwolves: 4
Da dove vogliamo cominciare? Da Coach Saunders cacciato in corso d’opera quando era ovvio a chiunque, sin dal primo momento, che non fosse l’uomo giusto al posto giusto? O da D-Lo, un tempo -pare quasi una fiaba- All-Star (scelto da Silver, sia chiaro, mica dagli allenatori…)? O da Ricky Rubio che senza successo prova a far da balia a talenti immaturi e capricciosi? O da Malik Beasley sospeso per 12 partite per violenze fuori dal campo? Poi ci sarebbe da affrontare il discorso “vorrei, ma non posso” riguardante Towns. E Anthony Edwards ha esibito la schiacciata poster dell’anno, ma come si può immaginare di trasformarlo in (super) talento compiuto in quell’ambiente, considerando che anche lui ci mette del suo, come effetti collaterali?
PROSPETTIVE: Le previsioni sono scure. Neve sul Minnesota, tanto per cambiare. Meteo fisso e irritante. A meno che il clima non cambi col mercato…