Altro giro, altra corsa. Questa volta parlo di cinque giocatori che mi sono piaciuti nelle ultime due settimane (più un rookie di belle aspettative) e di due squadre che invece potrebbero fare meglio. Si parte.
Butler ha alzato le marce
Dall’ultimo Sette e Mezzo Jimmy Butler ha giocato quattro partite, ed i Miami Heat le hanno vinte tutte e quattro. Non a caso ora la franchigia della Florida siede al sesto posto della Eastern Conference (i maligni potrebbero dire che ad Est basta avere una striscia di 5/6 partite per tornare ad avere un posto tra le prime sei, e quei maligni avrebbero ragione), nuovamente in linea di galleggiamento con 18 vinte e 18 perse. Durante i minuti con Butler in campo, nelle ultime due settimane gli Heat hanno battuto i loro avversari di 10.3 punti per 100 possessi.
Butler si è preso sulle spalle la squadra anche sotto il profilo dei punti segnati, abbastanza inusuale per il giocatore da Marquette. Ultimamente Butler è andato al ferro a piacimento, battendo dal palleggio giocatori più grossi di lui quando lo hanno preso in marcatura (v. Royce O’Neale nella clip qui sopra) e facendo valere il proprio fisico quando il suo diretto marcatore era una guardia (v. Mike Conley, sempre nella clip di qui sopra).
Butler è stato chirurgico nella ricerca del difensore più attaccabile, giocando pick&roll con pressoché chiunque membro del roster di Miami pur di tirare dentro nell’azione il difensore di suo piacimento. Sebbene la scelta più logica per questo tipo di azioni sarebbe Bam, quest’ultimo viene spesso usato come deterrente per evitare che il lungo avversario non porti l’aiuto su Butler quando questo va al ferro.
Nella clip seguente, Butler cerca di tirare Bogdanović dentro al pick&roll chiamando Olynyk a portare il blocco, ma Bogdanović anziché alzarsi al livello del blocco decide di aspettare Butler, che lo attacca dal palleggio lasciandosi O’Neale alle spalle. Sotto canestro ci sarebbe anche Rudy Gobert, il miglior rim protector della lega, ma non può portare l’aiuto che Bogdanović si aspetta perché c’è Adebayo pronto a ricevere un lob da Butler nel caso in cui Gobert decidesse di staccarsi da lui. Bogdanović rimane nella terra di nessuno, Gobert rimane su Bam, due facili per Jimmy.
Quando si parla di giocatori che portano allo sfinimento psicologico la difesa avversaria attaccando in continuazione il ferro, si pensa a giocatori come Westbrook e Fox, ma raramente il nome di Butler salta fuori nella conversazione. Sarebbe il caso di cominciare a citarlo più spesso in queste conversazioni: Butler si prende il 51% dei suoi tiri o al ferro o con un floater, e tira più di 8 liberi a partita.
Detto in altri termini, Butler ha una riserva di energia pressoché illimitata che usa per attaccare costantemente il proprio uomo dal palleggio, e spesso l’unico modo per fermarlo è fare fallo. E dopo la prima, la seconda, la terza volta e così via che ti viene incontro, la cosa comincia a diventare frustrante.
Il roster di Miami non è al livello dello scorso anno, e soprattutto non sembra essere costruito per coprire le mancanze difensive di alcuni suoi giocatori chiave in fase offensiva (Dragić e Robinson su tutti). Detto ciò, nessuna delle tre contender ad Est vorrebbe incontrare una squadra capitanata da Jimmy Butler al primo turno di playoff.
Noel, rim protecting e rim-pianto
Trovare un ruolo in campo ad un lungo che non sa tirare nemmeno dal midrange diventa sempre più difficile. Spesso vengono relegati al ruolo di rimbalzista o con l’obiettivo di sprecare qualche fallo. Se si pensa che solo quattro anni fa a Nerlens Noel veniva offerta un’estensione contrattuale da 70 milioni (che, evidentemente consigliato molto male, lui rifiutò), risulta difficile esaltarsi per il ruolo che il giocatore draftato con la sesta scelta assoluta nel 2013 ha ora nei New York Knicks.
Ma per tutta la stagione Noel è stato parte importante dello scacchiere di Thibodeau, e lo è diventato ancora di più da quando è diventato di fatto il lungo più importante della rotazione Knicks dopo l’infortunio di Mitchell Robinson.
La cosa che più attirava gli scout ai tempi di Kentucky era il potenziale che Noel aveva di difendere su cinque ruoli: sufficientemente esplosivo per proteggere il ferro, ma anche veloce di piedi da rimanere con le guardie sul perimetro. Difensivamente parlando, Noel è quasi tutto quello che un lungo moderno dovrebbe essere.
Nelle ultime due settimane, Nerlens Noel sta girando a 4 “stocks” (stoppate+rubate) di media a partita, giocando quasi 35 minuti a notte. Un profilo come il suo potrebbe tornare utile a molte squadre con aspirazioni più importanti di questi Knicks, ma difficilmente Thibodeau e soci se ne priveranno. Spero vivamente che Noel possa veder riconosciuto il proprio valore nella free agency che sta per arrivare.
I Clippers non sono clutch
Ne ho parlato spesso su The ANDone Podcast, ne ho accennato qui in passato: mi sembra che ai Clippers manchi qualcosa per fare il definitivo salto di qualità, e questo qualcosa è molto più percepibile nei finali tirati di partita. Chiamatela capacità di eseguire giochi, assenza di una vera point guard a roster, troppi galli nello stesso pollaio, assenza di chimica, come volete, ma qualcosa dal lato offensivo non va quando la palla scotta.
I Clippers si sono trovati in situazioni clutch (finali di partita con distacco inferiore ai 5 punti) 18 volte in stagione, e sono usciti sconfitti ben 11 volte. La ragione va ricercata nell’attacco: i Clippers sono per distacco la squadra con le percentuali dal campo più basse della lega in queste situazioni (33.8%).
Al di là del fallo offensivo, quello che colpisce nella clip precedente è la totale assenza di movimento dei quattro giocatori senza palla, tutti spettatori non paganti dell’isolamento giocato da Kawhi Leonard. A volte è Kawhi, a volte è Paul George, ma sembra che in clutch time i Clippers prendano molto spesso la decisione sbagliata.
La partita in prima serata italiana contro Milwaukee è stata per molti versi rivelatrice: i Clippers non hanno segnato un solo canestro dal campo. Bastano un paio di costruzioni ben eseguite ma con un finale sfortunato, ed ecco che sembra tutti si sentano in dovere di portare la nave in porto, spesso con risultati pessimi.
Quando arriveranno i playoff, le partite tirate saranno la norma per i Clippers. Se vogliono concludere la stagione con una parata per le strade di Los Angeles, dovranno imparare a fidarsi della loro costruzione offensiva anche nelle fasi finali di gara e ricorrere meno spesso alla cosiddetta hero ball.
Collin Sexton, Young Bull
Chi mi legge su queste frequenze o ascolta The ANDone Podcast sa che io ritengo che una guardia non possa veramente considerarsi un attaccante efficiente fino a quando non riesce ad attaccare il ferro con costanza, a meno che di cognome non faccia Curry. Per questa ragione, sebbene il personaggio mi ispirasse molta simpatia, ho sempre cercato di rimanere oggettivo nei confronti del salto di produzione di Collin Sexton: sì, scollina i 20 punti a partita, ma con quanti tiri? Sì, segna con un’efficienza nella media della lega, ma cosa farà quando l’intensità delle partite aumenterà e su di lui andranno marcatori a cui lascia 15 centimetri? La risposta a tutti questi dubbi per me è sempre una: dimostrami che riesci ad attaccare il ferro con costanza, e mi avrai in parte convinto.
In questa stagione Sexton sta andando in lunetta sei volte a partita, e non fa un uso smodato dei trucchetti che molte altre guardie usano: è semplicemente troppo veloce per quasi ogni difensore. Il suo primo passo è bruciante, sia che il suo primo palleggio sia a destra o a sinistra. Sexton è un tiratore dal palleggio sufficientemente buono da punire ogni tentativo di difesa drop, ma è anche troppo veloce per pensare che un lungo possa reggere un cambio su di lui.
Sono quasi otto a partita le volte in cui Sexton è andato in lunetta nelle ultime due settimane, dimostrando poco timore reverenziale verso ogni tipo di difensore. Qui attacca Oladipo dal palleggio, e usa bene il corpo per proteggersi dal suo ritorno: o questi gli lascia un floater pressoché indisturbato, tiro che Sexton ha dimostrato di saper mettere in questa stagione, o commette fallo.
Il duo Sexton-Garland mi lascia molto perplesso dal punto di vista difensivo, ma mi sta convincendo sempre più dall’altro lato del campo.
Pacers, forti contro i deboli e deboli contro i forti
Dalla trade Harden, i Pacers hanno un record di 9 vittorie e 15 sconfitte, lontano dai fasti di inizio stagione. Certo le assenze di TJ Warren e Caris LeVert stanno pesando, ma Indiana sembra trovarsi davanti ad un problema ormai ricorrente: fa molta difficoltà contro le squadre con un record positivo, molta più di quanta dovrebbe farne una squadra che ha fatto delle apparizioni in post-season un’abitudine. Solo nelle ultime due settimane, Indiana ha giocato 5 volte contro squadre dal record positivo, ed ha collezionato altrettante sconfitte.
Contro queste squadre, le difficoltà maggiori Indiana sembra incontrarle dal lato difensivo, dove non ha un corpo adatto a difendere gli esterni avversari più fisicamente dotati: RJ Barrett e Michael Porter Jr sono solo gli ultimi di una lunga serie di giocatori che contro la batteria di difensori di Indiana ha fatto un po’ quello che ha voluto.
Troppo spesso è parso che l’unica speranza difensiva di Indiana sia la protezione del ferro di Myles Turner, ed è lecito chiedersi dove sarebbero in classifica a quest’ora i Pacers qualora avessero davvero scambiato Turner e McDermott per Hayward in estate. Nemmeno il ritorno dei due lungodegenti citati sopra sembra poter risolvere questo problema nel breve termine.
I Pacers hanno da poco iniziato un nuovo corso sotto la guida di Coach Bjorkgren, e fino all’estate 2022 hanno poco margine di manovra salariale: questo è il roster con cui i Pacers devono provare a scalare le gerarchie ad Est, e sembra che ci sia almeno una grossa mancanza in ottica playoff.
Dario il Grande
Se vi chiedessi qual è il giocatore col miglior Net Rating in tutta la lega tra quelli che giocano almeno dieci minuti a partita, credo che in pochi di voi mi darebbero la risposta esatta. Bene, quel giocatore è Dario Šarić, con un +23.5 da far strabuzzare gli occhi. E questo non è il caso in cui il quintetto in campo ha fatto le fortune del singolo giocatore, anzi, Šarić è stato spesso il singolo che ha svoltato intere gare, distruggendo le panchine avversarie e offrendo minuti di assoluta qualità anche contro i titolari.
Le caratteristiche di Šarić sono perfette per il sistema offensivo di Monty Williams: sa far girare il pallone molto bene, taglia forte a canestro senza palla, riconosce ed attacca puntualmente i cambi sui piccoli che le squadre avversarie devono concedere, perché non cambiare vorrebbe dire lasciare una tripla aperta dalla punta ad un buon tiratore.
Nei minuti con Šarić in campo, i Suns hanno avuto un Offensive Rating di 120.3, cifra astronomica. Quello che Šarić porta in tavola è una comprensione del gioco a livelli molto alti per un lungo: per molti versi, spesso sembra di vedere una point guard intrappolata in un corpo di due metri e otto centimetri.
Nelle ultime gare, Šarić è diventato il nuovo compagno di rapine preferito da Chris Paul: la chimica che i due stanno sviluppando in campo dovrebbe preoccupare molto gli avversari, ma anche Ayton, a cui Šarić ha già rubato il posto nei minuti finali della gara in occasione della gara contro i Lakers, e potrebbe presto rivelarsi non un caso isolato.
Šarić ha firmato quest’estate un contratto da 27 milioni in tre anni, e questa sembra sempre di più la ciliegina sulla torta che James Jones ha cucinato in questa offseason.
Bruce Brown è più che un difensore
Quando si parla dei Nets in ottica titolo, il tema che più spesso salta fuori è quello della difesa: una squadra con Irving e Harden non può realisticamente essere una difesa di alto livello, e quindi il quinto giocatore della closing lineup oltre al duo di guardie, Durant ed Harris dovrà essere un difensore di alto livello. Per questa ragione, molti hanno pensato immediatamente a Bruce Brown, giocatore dalla spiccata identità difensiva, molto capace sul perimetro, ma con un corpo che può consentirgli di cambiare su diversi portatori di palla e, perché no, provare a tenere la posizione in post contro i lunghi più leggeri.
Pochi però avrebbero pensato che Brown potesse tornare utile anche in attacco, ma nemmeno due mesi dopo la trade Harden eccoci qui: il pick&roll Harden/Brown è diventato una delle armi più letali della lega, anche grazie alle capacità di passatore di Brown in uscita dallo short roll, amplificate dalla batteria di tiratori dei Nets.
Bruce Brown è un inno al non pensare al ruolo dei prospetti in fase di draft, ma a cosa sanno/possono far bene. Brown nasce PG, gran dif on ball, poco tiro ma buon passatore e tanti "intangibles". 3 anni dopo eccolo usato da 5 in un p&r per sfruttarne letture da short roll e dif. pic.twitter.com/Dvn4XVXdss
— Andrea Bandiziol (@AndBand7) February 26, 2021
A dimostrazione di quanto sia cambiato il ruolo offensivo di Brown nel suo passaggio da Detroit ai Nets, si può analizzare la sua distribuzione di tiro e le percentuali: il 51% dei tiri presi da Brown quest’anno arriva al ferro, dove segna col 74% (!). In passato, mai era andato sopra il 40%, e soprattutto mai li aveva realizzati con più del 60%. Con un playmaker abile come James Harden, le qualità da tagliante di Brown possono finalmente venire esaltate, e non è un caso se Brown nelle ultime due settimane stia girando a 19 punti a gara.
Che Brown fosse indispensabile o quasi per i Nets è cosa che si sospettava da inizio gennaio. Allo stesso modo però, credenza comune era che i Nets lo avrebbero pagato dall’altro lato del campo: non so bene come definire il ruolo di Brown nello scacchiere dei Nets, non rientra nei canoni tradizionali, ma di certo Nash ha trovato il modo per usarlo al meglio anche da quel lato del campo.
Il Mezzo: Pat Williams è un muro
Patrick Williams era, a detta di molti, uno dei profili dal potenziale più alto di tutta la classe. Si pensava anche però che ci volesse del tempo affinché il one-and-done da Florida State potesse avere un impatto nella lega. Invece la transizione di Pat è stata rapida, perlomeno dal lato difensivo: per larghi tratti della partita, Williams tiene il miglior attaccante avversario, e lo fa con notevole successo.
Ogni volta che guardo CHI, per alcuni possessi Pat Williams tiene il miglior attaccante avversario, e solitamente sono i possessi dove questo fa più fatica. Qua è perfetto su Book: lotta sul blocco, tiene in penetrazione, poi lo stoppa al ferro. Questo ragazzo ha un gran futuro. pic.twitter.com/nrToysdfIW
— Andrea Bandiziol (@AndBand7) February 27, 2021
La cosa che più impressiona di Williams è che, a differenza di Okoro, altro rookie che si è distinto sì dal lato difensivo del campo, ma principalmente occupandosi di giocatori perimetrali, poco conta quale sia il ruolo del giocatore preso in consegna: Williams ha difeso in maniera eccelsa Booker, rincorrendolo dietro a blocchi e negandogli ricezioni facili, ma ha anche fatto vedere i sorci verdi a Zion Williamson.
Pat è agile a sufficienza per poter dire la sua contro le guardie, ma ha una parte bassa del corpo incredibilmente forte che lo rende molto solido in post e adatto ad assorbire gli urti dei lunghi che cercano di guadagnare centimetri sotto canestro. La cosa che più impressiona di Williams è la rapidità con cui sembra apprendere: se al primo incontro dell’anno aveva dato filo da torcere a Zion, ma aveva sofferto le occasioni in cui era stato “cercato” da Ingram sul pick&roll, nel secondo incontro tra le due squadre è sembrato molto più a suo agio in queste occasioni.
È probabile che fra qualche anno guarderemo all’esclusione di Pat Williams dalla gara delle Rising Stars come un errore abbastanza grossolano, soprattutto se, come pare più probabile giorno dopo giorno, Pat riuscirà a costruirsi un tiro credibile.