In NBA conta il concetto di: “Cosa hai fatto per me ultimamente?”. È lega spietata, in cui i risultati sono giudici implacabili e inappellabili. Se alleni una squadra che non vince, o non vince abbastanza rispetto alle aspettative, sai cosa ti aspetta. Un comunicato falso come Giuda in cui vieni ringraziato per il lavoro fatto (male, secondo chi ti ha giudicato) e un saluto a mai più rivederci, se non da avversario.
Ma l’esonero di un Coach, la sua dannazione, significa anche la promozione di un altro, magari l’opportunità attesa da una vita. Insomma, mors tua, vita mea, nello spietato mondo dello sport business americano.
Quando i risultati non arrivano, può dipendere da tanti fattori: un organico mediocre, oppure costruito male, oppure dai leader sbagliati in spogliatoio. O appunto, banalmente, significa che l’allenatore sta lavorando male. Perché modesto come tattico e stratega, perché incapace di legare con quel gruppo o di relazionarsi con l’ego di una qualche primadonna rispetto alla quale va controcorrente. Perché poco adatto a quella tipologia di giocatori o di gioco che la dirigenza si aspetta di vedere.
Superata la boa del primo quarto di stagione, inevitabilmente ci sono già i primi allenatori sotto processo. Ne estrapoliamo quattro che ci danno l’impressione, oltre il momento, la congiuntura poco favorevole, di non essere l’uomo giusto al posto giusto, guardando avanti, per quella franchigia. Per ragioni differenti. Parliamo di Ryan Saunders, Stan Van Gundy, Luke Walton e Scott Brooks.
In una stagione condizionata dalla pandemia, in cui si trovano in difficoltà persino “monumenti” come Coach Carlisle e Coach Spoelstra, e Clifford e Casey pagano infortuni feroci e organici modesti, questo quartetto merita lo sguardo più approfondito. Non andiamo a caccia del primo nome a “saltare”, che non si augura a nessuno, quanto del perché questi matrimoni non sembrano poter avere il lieto fine. In attesa della prossima “scenata”.
Ryan Saunders (Minnesota Timberwolves)
di Daniele Sorato
I Timberwolves sono la squadra con il peggior record della lega, e l’unico motivo per cui questo poco invidiabile “primato” non gli spetta in solitaria è perché esiste questa prima versione dei Pistons targata Troy Weaver. Si potrebbe parlare di mille scusanti, ma la verità è che Saunders non sta facendo abbastanza per dimostrare di meritare il posto di head coach di Minnesota.
Togliamo subito di mezzo le giustificazioni, che hanno comunque un fondo di verità: il roster che Ryan ha ricevuto dal front office è giovanissimo, incompleto e con problemi strutturali, su tutte la mancanza di un giocatore che possa ricoprire efficacemente il ruolo di 4. Oltre a ciò, tutta la visione della squadra ruota attorno a Karl-Anthony Towns, che – dopo aver iniziato la carriera giocando 323 delle 328 gare disponibili – nei suoi ultimi 365 giorni di vita è sceso in campo per 6 partite, di cui due giocando praticamente con una mano sola.
Nonostante questi fattori, quanto mostrato dai Timberwolves in questa stagione è troppo poco. Nessuno si aspettava di vincere 50 partite o che Saunders si rivelasse essere l’erede di Popovich, ma il record di 6-16 e il modo in cui queste sconfitte sono arrivate sono eloquenti. Se al completo, offensivamente Minnesota vorrebbe giocare con una sorta di sistema read and react, ponendo l’accento sulle spaziature, sull’attacco in transizione e sul movimento di palla.
Gli Wolves effettivamente riescono a correre (sono settimi per pace, il numero di possessi giocati per partita) e passarsi il pallone (quinti per passaggi effettuati), ma non lo fanno bene: segnano poco in contropiede e il movimento di palla spesso è sterile, non causando alcun problema e non facendo muovere la difesa. Spesso Minnesota finisce per giocare un pick and roll centrale che termina con un nulla di fatto, anche a causa della cronica mancanza di bloccanti adeguati.
Anche la gestione delle rotazioni è stata terribile. I Timberwolves si sono trovati a schierare in campo quintetti eccessivamente fantasiosi che li hanno affossati, e la tanto decantata convivenza tra D’Angelo Russell e Ricky Rubio non sta scaturendo gli effetti sperati: i due hanno condiviso il campo per 142 minuti e statisticamente rappresentano una combinazione terrificante.
La gestione di Rubio non ha convinto: lo spagnolo è stato utilizzato per lo più lontano dalla palla, una dimensione che non gli appartiene e che ne ha evidenziato i difetti; se al modo in cui viene utilizzato aggiungiamo che sta avendo la peggior stagione al tiro in carriera, otteniamo la ricetta per un disastro.
In questo modo Rubio sta finalmente avendo minuti da ball-handler primario e, con sorpresa di assolutamente nessuno, mettergli la palla in mano con attorno gente che difende, corre e tira fa nascere ottimi possessi. Ne avevano parlato anche @AndBand7 e @andrea_snaddy.
— Daniele Sorato (@danielesorato_) February 4, 2021
(5/10) pic.twitter.com/wktkp0OJC8
Ciò che più sta costando caro a Minnesota però sono le amnesie nei finali di gara, che sono in gran parte imputabili a Saunders. Al di là del già citato problema delle rotazioni, Ryan non riesce mai a fermare le emorragie e finisce per far tornare gli avversari in partita. Sono molteplici le occasioni in cui una sostituzione o un timeout avrebbero potuto aiutare la squadra, ma il figlio di Flip non è stato capace di trovare il momento giusto per cercare di prendere in mano la situazione.
Non è il mio campo, ma sono convinto che i Timberwolves stiano sfidando ogni legge della probabilità esistente: tutte queste partite si sono concluse con una rimonta e una sconfitta.
— Daniele Sorato (@danielesorato_) February 5, 2021
Forse è il caso di cambiare qualcosa nella gestione delle rotazioni e dei possessi nel 4Q? pic.twitter.com/tY9w0ZQ7Zz
I Timberwolves hanno avuto problemi a trovare canestri nelle fasi cruciali delle partite, affidandosi più spesso alle capacità nel pick and roll di Russell anziché cercare di costruire un buon tiro, vista soprattutto l’abbondanza delle bocche da fuoco a roster: la gestione dell’ultimo quarto contro San Antonio raccoglie l’essenza di tutte le difficoltà che Saunders sta avendo quest’anno.
Nel 4Q Pop ha piazzato Murray, una delle migliori guardie difensive della lega, su D’Lo. Saunders però ha continuato a chiamare giochi per lui, ignorando Edwards (0 tiri nel quarto) e soprattutto Beasley (2 tiri negli ultimi 5 minuti), i due più in palla. Perché? Mah.
— Daniele Sorato (@danielesorato_) February 4, 2021
(9/10) pic.twitter.com/RbCnfyvIVN
Però, nonostante tutti questi fattori, se dovessi scommettere sul futuro di Saunders probabilmente punterei i miei soldi sulla permanenza, almeno sino a fine anno. Per quanto le performance dell’allenatore finora siano più che insufficienti, il front office è conscio di avergli dato in mano un organico problematico e sa che tutto ciò per cui il Coach e il suo staff hanno lavorato si basava su Towns.
È probabile che vogliano vedere come si comporterà la squadra una volta al completo, e da lì decideranno poi il da farsi per la posizione di head coach. Bisogna anche considerare che Saunders è amato da tutti, giocatori e proprietario in primis: licenziarlo potrebbe significare contrariare lo spogliatoio. Qualora venisse congedato, molto probabilmente la panchina passerebbe a David Vanterpool, attuale coordinatore della difesa e nome che da anni è in lizza per un posto da capo allenatore in NBA.
Stan Van Gundy (New Orleans Pelicans)
di Andrea Poggi
La franchigia della Louisiana sta vivendo un momento tutt’altro che sereno. Dopo una annata sotto le aspettative – complice anche la presenza di Zion per sole 24 partite -, tutti credevano di poter vedere un grande salto di qualità nella stagione 2020-21 sotto il segno di Stan Van Gundy, purtroppo non sta andando così. L’ex allenatore di Magic e Pistons in questo momento è, probabilmente, l’allenatore che ha deluso di più nella lega e quindi facilmente a rischio esonero. Vediamo i perché.
Prima di tutti la filosofia di gioco offensiva, completamente diversa da quella del precedente allenatore, Alvin Gentry. I Pelicans sono una squadra che gioca molto tempo a difesa schierata, affidando la creazione alle giovani mani di Ingram – per la maggior parte del tempo – e a quelle più esperte, ma meno remunerative di Bledsoe.
I risultati sono altalenanti e, secondo Cleaning the Glass, New Orleans, gioca il 78% delle volte volte a difesa schierata (settimi in NBA) segnando solamente 92.0 punti per 100 possessi, 24esimi nella lega. L’unico dato a favore del giocare a metà campo riguarda i rimbalzi offensivi – 11.6 rimbalzi offensivi conquistati a partita, tra i migliori della lega -, in situazioni di putback NOLA è nell’89esimo percentile riuscendo a convertire i tiri con un ottimo 62% di EFG%. I pregi di avere Zion e Steven Adams insieme si fanno sentire. Inoltre, l’unico tiratore sulla carta di qualità in organico, JJ Redick, sta avendo una stagione pessima, del resto con Van Gundy aveva avuto problemi già a Orlando.
Una delle forze dei Pelicans è il rimbalzo offensivo (+ putback). In questo genere di situazioni NOLA risulta: 1a in punti generati generati per 100 tiri sbagliati (24.7), putback generati/100 poss (20.8) e 8a per punti segnati per 100poss in queste situazioni (115.1).
— Andrea Poggi (@AndreaPoggi14) February 4, 2021
Via: CTG pic.twitter.com/u43XkyiJWq
New Orleans è una squadra giovane – l’età media è di circa 25 – che ha bisogno di correre e di giocare a metà campo il meno possibile. Quando lanciata in transizione mette in mostra tutto il potenziale atletico di cui dispone, soprattutto grazie ad atleti sopra la media come Williamson e Hayes.
L’altro problema della gestione Van Gundy è da riscontrare nella difesa. In questo momento New Orleans è tra le peggiori difese della lega, sia al ferro che da 3 punti. L’attuale Coach dei Pelicans ha optato per una strategia molto semplice, chiudere il pitturato e lasciare le triple; l’idea ha senso, ma solo se è la difesa a scegliere chi lasciare tirare e, per ora non è così – 23 triple concesse con quasi il 39%-. Anche la difesa in area non è il massimo, i Pelicans stanno effettivamente facendo tirare poco da sotto, solo 26 conclusioni a gara, ma gli avversari convertono questi tiri con il 66%. Qui alcune clip che riguardano Zion, uno dei colpevoli della difesa “problematica” di NOLA.
?NOLA film room alert!
— Andrea Poggi (@AndreaPoggi14) February 1, 2021
Siamo arrivati al triste momento di dover analizzare la difesa di Williamson Zion. Quello che vedrete non sarà, generalmente, bello, ma le potenzialità per fare bene ci sono, eccome se ci sono. Iniziamo con il primo problema: i closeout, qui vs Turner. pic.twitter.com/LoU5JATpda
Nonostante questi i risultati altalenanti non sono arrivati segnali di rottura da parte della franchigia; l’operato di Stan Van Gundy ha sì dei grossi punti di domanda e non sta rendendo come si credeva, ma ad ora il record è migliore di quello dell’anno scorso a questo punto della stagione, molto probabilmente l’ex Coach di Magic e Pistons rimarrà sulla panchina dei Pelicans fino a fine stagione. Anche perché ha firmato per 4 stagioni, in off season. E non viene pagato in pop-corn.
Luke Walton (Sacramento Kings)
di Filippo Barresi
Come avevamo sottolineato durante la preview stagionale, il principale osservato ai Kings è Luke Walton. Il suo primo anno a Sacramento aveva lasciato moltissimi dubbi, che hanno convinto il neo General Manager Monte McNair ad affiancargli Alvin Gentry come viceallenatore. Questa mossa è molto significativa e mette Walton sotto una continua pressione in termini di risultati e lavoro svolto.
La partenza dei Kings è stata forse leggermente migliore di quanto ci si aspettasse. Ad oggi si trovano all’undicesimo posto nella Western Conference con nove vittorie e undici sconfitte. La dirigenza sa che l’attuale squadra non è probabilmente a livello playoff anche per via di un pesante ringiovanimento estivo e per questo motivo è importante giudicare il lavoro di Walton in termini di miglioramenti e sviluppo dei giovani componenti dell’organico senza prestare attenzione soltanto ai risultati.
Offensivamente si vede qualche miglioramento. Lo scorso anno le idee del capo allenatore non venivano pienamente applicate a livello di campo e per questo motivo i Kings si affidavano a un costante uso di possessi in isolamento senza però avere il personale adatto per questa strategia. Anche grazie all’inserimento di Tyrese Haliburton oggi il flusso offensivo e la circolazione di palla sono leggermente migliorati: si vedono molti più penetra e scarica che portano a tiri decisamente migliori. Con 113 punti segnati ogni 100 possessi Sacramento è la settima squadra della lega per rendimento offensivo. Inoltre, bisogna sottolineare che anche il pace è migliorato significativamente e questo è fondamentale per sbloccare tutto il potenziale offensivo di De’Aaron Fox.
Tuttavia, questi piccoli miglioramenti sono totalmente spazzati via se andiamo ad analizzare la fase difensiva dei Kings. Ad oggi la squadra di Walton è per distacco la peggiore della lega con 118 punti concessi per 100 possessi. Questo pessimo risultato è da imputare sia al capo allenatore e alle sue scelte nelle rotazioni, sia al fatto che a roster il personale a livello di capacità difensive non è all’altezza, escluso Holmes.
Qualsiasi giocatore di Sacramento fatica a tenere una qualsiasi penetrazione, Bagley è in particolare un totale disastro, e questo costringe la squadra a una perenne situazione di svantaggio. Lo staff dovrebbe tentare qualche alternativa tra le rotazioni anche sacrificando un po’ di qualità offensiva oppure optare maggiormente per schemi più semplici che limiterebbero le lacune in termini di contenimento, come una classica zona 2-3.
Continuare con questo andamento difensivo rischia di forzare la mano alla dirigenza dei Kings, che può avere la tentazione di optare per un licenziamento anticipato di Walton, la cui conferma aveva semmai all”epoca sorpreso parecchi addetti ai lavori dopo i disastri di 12 mesi fa, soprattutto avendo in casa già pronto il papabile sostituto. Gentry potrebbe provare a garantire una maggiore solidità alla squadra anche grazie alla sua pluriennale esperienza. Questa eventuale svolta non sarebbe comunque l’antidoto contro tutti i problemi di Sacramento.
A oggi il roster presenta diverse mancanze a livello strutturale che renderebbero difficile il lavoro a molti allenatori in circolazione. Però Walton si gioca tutto, nei prossimi mesi. Il credito iniziale si è assottigliato, nel tempo.
Scott Brooks (Washington Wizards)
di Francesco Contran
Quando si guarda all’organico di Washington, e poi al record di 5-13, valido solo per il penultimo posto nella Western Conference, non si può pensare che Scott Brooks abbia lavorato bene. Soprattutto dopo l’acquisto di Westbrook in cambio di Wall, segnale evidente che la franchigia volesse voltare pagina per inseguire i playoff dopo un paio d’anni avari di soddisfazioni. Quando una squadra inizia così male, la colpa non è mai solo dell’allenatore, ma se le quote degli scommettitori indicano come probabile il licenziamento di Brooks, un motivo c’è.
Cominciamo dalle attenuanti, che ci sono e vanno tenute in considerazione. Brooks si è ritrovato a gestire una squadra che al training camp ritrovava Beal e Bertans, fuori da marzo, e con Westbrook ancora tormentato dal problema al quadricipite. Se Beal non ha patito l’assenza di basket giocato, Bertans è ancora oggi fuori forma e irriconoscibile, con le triple che vengono sbagliate puntualmente sul primo ferro e una condizione fisica non ottimale.
Westbrook ha ammesso di essersi da poco rimesso dopo aver giocato praticamente da infortunato a inizio stagione quando ha tentato una sola schiacciata e passato 11 quarti consecutivi senza andare al ferro. L’infortunio di Bryant ha complicato ancor di più i problemi di rotazione sui lunghi, e il Covid ha tolto 13 giorni di pallacanestro alla squadra.
Nonostante tutte queste attenuanti siano legittime, Brooks è tra i principali colpevoli della disfatta iniziale di Washington. Tutto comincia dalla difesa, che non è migliorata ed è ancora tra le cinque peggiori nella lega. Del resto se i tuoi protettori del ferro sono Thomas Bryant, Robin Lopez e Mo Wagner non si può pensare di avere una difesa fenomenale. Anche perché nessun giocatore dei Wizards in assoluto è noto per essere eccelso nella propria metà campo.
Tuttavia anche Brooks ci ha messo del suo, con una gestione delle rotazioni da mani nei capelli. Il tentativo di mettere sul parquet Russ, Neto e Smith contemporaneamente è fallimentare, eppure si è interrotto solo con l’infortunio del brasiliano. Isaac Bonga, miglior difensore perimetrale della squadra e migliorato al tiro, è uscito dalle rotazioni, senza più rientrarci tranne nel garbage time.
Garrison Mathews, two-way player ottimo al tiro, nel guadagnarsi falli e discreto in difesa, ha ricevuto minuti stabili e la conferma solo dopo molte prestazioni positive. Mo Wagner continua a partire dietro a Robin Lopez nonostante sia più mobile e migliore in difesa, si applichi maggiormente in attacco e abbia una buona mano dall’arco. Non solo, è finito dietro alle rotazioni anche ad Alex Len, preso solamente per far fronte alla mancanza di giocatori arruolabili. Jerome Robinson ha trovato moltissimo spazio ingiustificabile anche alle spese di Deni Avidja, e Bertans chiude le partite anche quando non gli entra un tiro e viene puntato dalla difesa avversaria.
La gestione dei riposi di Westbrook e Beal nell’arco della gara almeno in un paio di occasioni è costata la partita ai Wizards. Insomma, Brooks sembra decidere a tavolino chi giocherà e non cambia idea mai durate l’arco della gara, finendo per dare una discontinuità che non aiuta la squadra. Propone quintetti inefficienti ben oltre il minutaggio di cui necessiterebbero, e manca di adattabilità. Con una gestione migliore delle rotazioni, i Wizards avrebbero almeno 4 vittorie in più.
Infine, alcune dichiarazioni dell’allenatore lasciano spaesati. Dopo la prima vittoria contro Brooklyn e con il record a 2-5, l’allenatore ha dichiarato che il suo gruppo era pronto a lottare per il titolo. Nelle successive 8 partite sono arrivate 7 sconfitte. Visti i risultati, certi proclami avrebbe potuto tenerli per sé.