Gira, poi rigira e ancora gira, siamo sempre allo stesso punto a Philly. Tutto cambia per restare uguale. Come ne “Il Gattopardo”. Interi roster vengono creati e smontati, plotoni di giocatori vengono reclutati, scambiati e solo in alcuni casi confermati, per poi finire sempre al tutto che orbita attorno ai due pianeti gemelli. Pianeti gemelli diversi.
Ben Simmons e Joel Embiid. Joel Embiid e Ben Simmons. L’alfa e l’omega, lo yin e lo yang. Il giorno e la notte dei Sixers.
Chiariamo subito una questione, senza Ben Simmons & Joel Embiid i Sixers non avrebbero vinto 50 e più partite nelle ultime due stagioni. Non sarebbero arrivati a 4 rimbalzi sul ferro dalle (possibili) Finals. Non sarebbero una contender, un anno sì, l’altro pure.
Epperò. Però, come gli immensi Jack Lemmon & Walter Matthau, anche loro sono una “odd couple”. Una strana coppia. Vincente, talentuosa, ma strana.
Siamo all’alba degli anni venti di questo nuovo secolo, l’NBA è in piena totale trasformazione e Philly ha affidato le chiavi del suo basketball team a un play di 2.08 dal talento smisurato, dai mezzi fisici spaziali, ma senza tiro.
Con lui c’è il centro più dominante da Olajuwon e Shaq a questa parte. Una bestia del post-up. Zona del campo al momento meno frequentata, nella Association, di una videoteca. Se ne esiste ancora una.
C’è del gusto credetemi a seguire una squadra così, è come salire sulla DeLorean di Ritorno al Futuro. Ci si può sentire nuovamente ventenni.
Sono strani, ma forti. Questa la forza insondabile della loro stranezza.
In difesa, due come loro, non vorrei mai affrontarli. Entrambi potrebbero competere, anno dopo anno, per il DPOY. Simmons può agevolmente difendere la point-guard, la guardia più prolifica, l’ala piccola e a volte pure il centro avversario, senza problemi.
È grazie a doti fisiche non comuni, al tempismo e alla capacità di scegliere gli angoli giusti, che Ben sta diventando uno dei difensori più versatili della Lega. Nel corso della passata post-season, fu il suo contributo su D’Angelo Russell & co. a smorzare le velleità dei perimetrali Nets e a raddrizzare la serie. Fu anche la sua abnegazione su Kawhi – laddove possibile, con cotanto extraterrestre – a tenere la barca in linea di galleggiamento, fino ai fatidici quattro rimbalzi.
Embiid è invece il rim protector che vorresti sempre avere, incombente, imperante, ineluttabile nel pitturato. Il sole attorno al quale girano gli altri, già ottimi, difensori di Phila, che grazie alla sua presenza possono permettersi una aggressività maggiore sulle linee di passaggio, sulle scommesse di deflection, sapendo che il giannizzero pattuglia comunque l’area.
Il giorno di Natale, di fronte ad una intera nazione ferma a guardare, Joel ha messo in atto una sorta di clinic difensivo quando accoppiato al MVP uscente (e futuro) Giannis Antetokounmpo. Grazie ad una combinazione di velocità di piedi, resistenza fisica e rapidi recuperi in transizione difensiva, Embiid ha tenuto the Greak Freak a 2 su 11 dal campo – da marcatore principale – riducendo fortemente le fonti di attacco dei Bucks. Una dimostrazione tangibile di forza, duttilità e intelligenza cestistica.
I problemi, in generale per i Sixers, emergono semmai in attacco. Che fatica non pestarsi i piedi. Simmons si piazza sul dunker spot, Embid va spalle a canestro e l’area diventa improvvisamente più congestionata di Times Square a Capodanno. Aggiungeteci Horford, Harris e compagnia cantante e il mix imperfetto è completo.
Quando Simmons non trova sfogo in transizione e la costruzione del gioco si fa “ragionata”, il suo spostarsi verso la linea di fondo ha il doppio effetto di incidere negativamente sulle spaziature e facilitare i raddoppi sul post. Lavorare su spazi stretti avvantaggia ovviamente le difese avversarie. Basterebbe una maggiore applicazione nei blocchi, anche lontano dalla palla, e una ricerca costante dello spot dai due corner in zona d’attacco. Facile a dirsi, difficile da concretizzare. Soprattutto se, nonostante gli episodi di successo contro Knicks e Cavs, Ben continua sistematicamente a rifiutare la tripla, anche semplice, piedi ben piazzati, con difensore distante.
Così capita che anche le difese a zona, lungamente provate sia dagli Heat che dai Mavericks – nelle recenti imprese corsare al Wells Fargo – abbiano buon gioco contro la staticità e la prevedibilità dell’attacco Sixers. Almeno fino a quando i “cecchini designati” Tobias Harris (34% da tre), Josh Richardson (36.3%), Mike Scott (35.8%), James Ennis (37.2%), ma anche Horford (34.4%) e lo stesso Embiid (33.9%) non ritroveranno smalto, pericolosità e soprattutto precisione per aprire le scatole avversarie.
Ci sarebbe poi il capitolo palle perse. Sottoprodotto dell’impostazione “aperta”, fatta di circolazione di palla, del gioco di Brett Brown, ma anche dell’eccessiva maldestra gestione di molte opportunità in attacco della premiata coppia Ben & Joel. Produttori seriali di turnover, a volte soltanto frustranti, a volte sfortunatamente decisivi.
Intendiamoci ancora, il net rating dei due insieme è largamente positivo. I Sixers segnano 105.1 punti per 100 possessi e ne subiscono 98.4, con i due aspiranti dioscuri contemporaneamente in campo. I ragazzi possono dominare, spesso lo fanno, mentre altrettanto spesso restano passivi e non comunicanti.
E se non si comunica, non ci si adatta, non si vince, o quanto meno non si vince così come si vorrebbe, come si dovrebbe.
Così ad ogni sconfitta, ad ogni passaggio a vuoto, riparte il mantra, sempre meno sotterraneo, di quelli che vorrebbero separare le sorti del duo. Di quelli che domandano trade per Ben Simmons, in tanti, e (sacrilegio) magari anche per Joel Embiid, pazzi.
Intanto a Philadelphia si continua con l’esperimento, con questo strano “frankenstein” cestistico che la presenza dei due ha portato in dote. Si continua con la medaglia a due facce, una a tutta velocità targata Ben, l’altra a tutta potenza, targata Joel. Senza che una sintesi venga veramente trovata se non a sprazzi, finora.
Tanto talento, tanto lavoro da fare, tanti dubbi. Il destino dei Sixers è nelle loro grandi mani, sulle loro larghe spalle, nelle loro teste. Il destino passa da questa strana coppia e dal loro futuro. Insieme o separati, un film ancora tutto da vedere.