No, ovviamente. Ed anzi, una narrativa eccessivamente negativa sta screditando il lavoro che hanno intrapreso i Nets ad inizio stagione consci di avere bisogno di tempistiche imprecisate per inserire una superstar del calibro di Irving -con tutte le caratteristiche proprie del giocatore- in un sistema che l’anno scorso era privo di superstar (nonostante la stagione super di D’Angelo Russell). Naturalmente Kyrie ha le sue colpe e le sue responsabilità ma puntare il dito contro l’ex playmaker di Cavs e Celtics per i problemi di questo avvio di stagione non è corretto.
Il record di 6-2 senza di lui -e Caris LeVert- ha dato ulteriore credito alla voce dei suoi detrattori. Analizzando queste sei partite è evidente come ad aver performato meglio di prima sono i vari Spencer Dinwiddie e Jarrett Allen che ad inizio Regular Season sembravano non poter minimamente calcare un parquet NBA. Impensabile dare la colpa a Kyrie per la mancanza di personalità mostrata dal play e dal centro, ma certamente tornare a recitare con un copione a loro più consono ha permesso di giocare un basket più fluido e portare proprio alle vittorie precedentemente citate.
Altro punto che va chiarito prima di entrare nel dettaglio, riguarda gli isolamenti giocati da Irving. Dinwiddie gioca più possessi in isolamento di lui (4.2 vs 3.9) ed ha un effective field goal percentage minore dell’ex Celtics.
Come si può vedere dal video sovrastante, anche gli isolamenti del numero 8 sono deleteri, ancor di più di quelli di Uncle Drew: qui Dinwiddie tiene in mano il pallone per un numero infinito di secondi cercando di giocare con il cronometro, chiama un blocco di Allen e lo rifiuta provando a prendere un vantaggio sull’avversario terminando l’azione nel peggiore dei modi possibile. I possessi di Kyrie sono sotto la lente d’ingrandimento semplicemente perché gioca queste azioni a fine partita e quando il punteggio è in bilico, indi per cui sono posti sotto i riflettori molto più di quelli di altri giocatori. Ciò nonostante è innegabile che anche Irving abbia le proprie responsabilità, ma partiamo con ordine.
GLI ERRORI DI KYRIE IRVING
Questo è uno degli errori commessi più di frequente da Kyrie Irving. Nonostante sia un passatore decisamente sopra la media NBA, tende a fidarsi troppo spesso dei suoi passaggi andando a sottovalutarne il contesto. La partita contro i Jazz è un po’ il manifesto di questa sua attitudine. Nel video qui sopra c’è una delle giocate più comuni del numero 11 dei Nets: pick and roll con il centro per crearsi spazio ed andare al tiro o scaricare sul compagno. In questo frangente ha grandi meriti anche Rudy Gobert che legge in anticipo ciò che sta per accadere ma la point guard preferisce cercare un passaggio difficile verso DeAndre Jordan piuttosto che tentare il tiro dopo aver preso vantaggio sul proprio marcatore.
Discorso simile in avvio di secondo quarto dove supera benissimo gli avversari ed effettua un passaggio più che discreto dimenticandosi però che ad attendere il pallone c’è, come prima, Jordan (non il miglior ricevitore al mondo per usare un eufemismo, così come Allen). Tutto ciò non si verifica quando Irving alza il pallone per fornire un alley oop, caratteristica nella quale primeggiano ambe due i centri a disposizione di Atkinson. Questo è un esempio naturalmente. Il lavoro più grande che dovrà fare il coaching staff di Brooklyn (e lo stesso Kyrie) sarà quello di far capire al prodotto di Duke che, per quanto sia incredibilmente forte, non può solamente giocare il proprio basket ma deve adattarlo ai compagni di squadra.
La seconda area in cui Kyrie deve migliorare con urgenza riguarda la sua tendenza a giocare Hero Ball quando riparte in transizione. Nella partita d’esordio, persa all’overtime contro i Timberwolves, è stato immarcabile (50 punti ed una prestazione incredibile). Ciò nonostante ha forzato alcune giocate che avrebbero certamente potuto cambiare l’andamento della partita. Il video qui sopra è un tentativo di contropiede veloce dopo un tiro sbagliato da Minnesota: in caso di canestro potrebbe cambiare l’inerzia di una partita che sta scivolando via ai Nets (50-35 di parziale).
Irving supera Jeff Teague, si gira spalle al canestro ed in quel momento ha a disposizione Jarrett Allen che sta entrando a canestro e due tiratori sul perimetro pronti a tirare (tra l’altro uno dei due è il miglior tiratore da tre punti della scorsa stagione, Joe Harris). Egli preferisce invece prendersi un tiro dal palleggio che a malapena tocca il primo ferro. Il vero problema dietro questi errori è quello di non mettere in ritmo i compagni. Nell’introduzione all’articolo avevo scritto di quanto giocatori come lo stesso Allen e Dinwiddie non si stessero prendendo le proprie responsabilità, ma in casi come questo deve essere anche la superstar a fidarsi dei propri uomini e lasciare loro un tiro estremamente più semplice di quello a propria disposizione.
Più in generale, si può affermare che Irving debba migliorare la sua capacità di mettere in ritmo i compagni di squadra. Non solo in transizione come visto prima, ma anche nell’attacco a difesa schierata, vero tallone d’Achille degli uomini di Atkinson in avvio di stagione (secondo quanto riportato da Cleaning The Glass, i Nets sono 21esimi nella lega). Nella sconfitta contro i Nuggets -arrivata dopo un primo tempo meraviglioso dei Nets- Kyrie ha recitato due copioni differenti: stupendo nei primi ventiquattro minuti, disastroso nei secondi.
L’azione qui sopra mostra come Uncle Drew, preso dalla frenesia del dover recuperare sette punti, non attenda neanche il blocco di Allen per entrare in area restando costantemente a contatto con Murray. Nonostante si trovi in una situazione estremamente affollata, tenta lo stesso il tiro anziché scaricarla a Prince sull’arco e, non contento, prova di nuovo ad andare a canestro dopo il rimbalzo offensivo. Risultato, due tiri sbagliati che in questo caso si vanno a sommare ai due tentativi precedenti per un totale di quattro: squadra non in ritmo e partita ormai scivolata via.
Se siete arrivati a questo punto vi deve essere chiara una cosa: Kyrie è una superstar. Questo è semplicemente innegabile, ed ogni superstar ha bisogno di toccare il pallone costantemente (l’ex Celtics non ha mai avuto una Usage Percentage così alta in carriera), prendersi i propri tiri ed i conseguenti errori. Per Irving vale un concetto molto simile a quello di Stephen Curry: una buona fetta della sua shot selection è composta da tipologie di canestro che per la stragrande maggioranza degli altri giocatori NBA sarebbero delle forzature. Non è un problema il fatto che possa chiudere con percentuali basse (o almeno non è quello principale); lo diventa se anche quando non è in serata cerca di mettersi in proprio togliendo ai compagni quella fiducia e quel ritmo di cui si nutre il sistema Atkinson.
Il coaching staff è intervenuto già per segnalare questi ed altri errori alla point guard ex Cavs ma serve tempo. Chi si aspettava un inizio a duecento all’ora dei Nets –che hanno avuto il quarto calendario più facile della Lega– era un visionario. Irving non è Durant, non è un giocatore che è in grado di entrare in un sistema senza alterarlo sensibilmente (vedi KD ai Warriors) ma è un giocatore con un QI cestistico sopra la media che come tutti non può cambiare le proprie abitudini da un giorno all’altro.
Un altro aspetto che va certamente chiarito riguarda il presunto ruolo di “distruttore di spogliatoi” troppo spesso additato ad Irving. Ora, che Kyrie non sia un simpaticone credo sia una cosa nota a tutti o quasi, ma arrivare a dire che Uncle Drew sia la causa dei problemi di amalgama della squadra dove gioca è pura follia. Sicuramente in un’uscita pubblica bisogna fare buon viso a cattivo gioco ma questo non è un video falso, se Tatum e Brown lo odiassero non andrebbero ad abbracciarlo, lo saluterebbero in maniera molto più fredda e distaccata. Ergo, il caos mediatico attorno ai problemi di Boston ha alterato la percezione della realtà e quello che sta succedendo ai Nets non è altro che una normale fase di transizione.
Vero che tante delle obiezioni mosse all’interno di questo articolo sono simili a quelle che si sarebbero potute fare lo scorso anno quando egli giocava ai Celtics. È altrettanto vero che ambientarsi in un sistema dinamico come quello di Atkinson è veramente difficile, anche perché se alle attitudini da modificare già elencate subentrano gravi errori di squadra, è facile arrivare ad un record di 4-7 dopo undici partite decisamente alla portata.
I PROBLEMI DELLA SQUADRA
La situazione più deficitaria in casa Nets riguarda la difesa. Né Jordan né Allen sono in grado di cambiare sul portatore di palla e questo porta a dei vantaggi incalcolabili ed estremamente evidenti per gli attacchi avversari. Nel video sovrastante Jordan lascia a Ingram almeno un paio di metri e l’ala ex Lakers ha tutto il tempo di scegliere come tirare. Prince può fare ben poco: dopo aver provato a congelare il pick and roll, si trova di fronte il blocco del centro e non può superarlo. Nonostante in questo caso sia l’ex Clippers a commettere l’errore, solitamente si soffre molto più con Allen in quanto non riesce a leggere in anticipo le intenzioni dell’avversario e resta sempre troppo distante o troppo vicino da esso.
Nei pochi minuti giocati da Claxton nello spot di centro la musica è decisamente diversa. Nicolas è un difensore in grado di cambiare su praticamente tutti i tipi di avversari, concede poco o nulla sui pick and roll risultando, ad oggi, la soluzione migliore. Però è impensabile vederlo in campo anche solo per venti minuti a partita: è un ragazzo estremamente giovane, scelto al secondo giro e, perciò, ha bisogno di tantissimo tempo per ambientarsi. Nonostante nelle ultime partite la questione sia leggermente migliorata, Atkinson dovrà inventarsi una soluzione differente perché c’è ancora tanto da lavorare.
Altra debolezza piuttosto evidente sono le palle perse: i Nets perdono 16.2 palle a partita (ventiduesima peggior squadra della Lega) ma non è tanto il numero a preoccupare quanto la modalità. Heat, Clippers, 76ers e Jazz ne perdono ancora di più ma hanno record decisamente migliori. Il dato delle palle perse è fortemente legato ad una tematica trattata in precedenza: l’incapacità di attaccare a difesa schierata.
Nella gara contro i Pelicans Dinwiddie ha perso due palloni praticamente identici. Come si vede nel video, il playmaker decide di non sfruttare il blocco portato da Allen ma di penetrare a canestro dove, però, trova davanti a sé Ingram pronto a chiudergli la strada ed Holiday che gli impedisce il passaggio ai due giocatori nell’angolo; Spencer è quindi costretto ad inventare un passaggio disperato che si tramuta in un pallone regalato ai Pelicans. Questo caso, ma ce ne sono davvero tanti altri, è figlio di un attacco che non è più fluido come nella passata stagione (e in questo anche Kyrie ha le sue colpe). Si è passati dai 309 passaggi per partita ai 259.1 di questa stagione, un dato decisamente sconcertante e che fa capire anche le difficoltà nella metà campo offensiva.
In conclusione, si è visto come le debolezze dei Nets non siano imputabili ad un singolo giocatore e, tanto meno, come non si possa chiedere ad un solo uomo di risolverle tutte quante. A non aver funzionato in questo primo frangente di stagione è stato il sistema di Brooklyn e quello dipende da tutti i componenti del roster. Gli errori di concetto dei giocatori in quanto singoli vanno ovviamente corretti ma l’urgenza più grande è quella di risolvere i problemi strutturali collettivi, così che il passaggio di consegne da D’Angelo Russell a Irving sia il più veloce ed indolore possibile e ci si possa rendere conto del vero impatto che può avere Uncle Drew.