Una delle caratteristiche principali che contraddistingue la NBA è il fatto che sia una lega in continuo cambiamento che può presentare evoluzioni drastiche tra un anno e l’altro. I movimenti e gli scambi frequenti dei giocatori, che contraddistinguono non solo i comprimari ma sempre più anche le stelle del campionato, permettono di avere un turnover continuo tra le squadre di punta, mantenendo (quasi) sempre alta la competizione e l’imprevedibilità dei playoff. In tutta questa confusione generale c’è, però, una costante che ci mantiene legati alle tradizioni della lega e non ci fa sentire eccessivamente disorientati: i San Antonio Spurs. A essere il punto fisso di cui sto parlando non sono tanto la grande professionalità e competitività della franchigia, che hanno permesso di presentarsi per 22 stagioni consecutive ai playoff, quanto piuttosto il fatto che gli Spurs siano sempre vecchi.
Sono ormai almeno dieci anni che per un motivo o per l’altro gli Spurs sono vecchi. I giocatori sono vecchi, con anche quest’anno 6 su 11 giocatori di rotazione oltre i 30 anni, l’allenatore è vecchio e la dirigenza è vecchia, ma è soprattutto il gioco a essere vecchio. Mentre il pane quotidiano della NBA ormai è il tiro da 3 punti, gli Spurs invece rimangono ancorati al grande utilizzo dell’anacronistico midrange, arma caratteristica delle due “stelle” della squadra.
Nella maggior parte di questi dieci anni, in particolare fino a prima delle Finals 2013 e nelle ultime tre stagioni, molti appassionati NBA perlopiù occasionali hanno espresso i propri dubbi sulla costruzione della squadra, lamentando la necessità di un processo di svecchiamento e di rebuilding. Ciò che spesso però non viene compreso è come esistano vari metodi di ricostruzione, e il tanking è semplicemente il più drastico di questi.
Il metodo Spurs, in contrapposizione all’invasività e centralità del tanking, propone lo sviluppo continuo di diversi piccoli processi di ricostruzione, che si pongono come ponte tra quella che è la squadra del “presente” e quella che sarà la squadra del “futuro”. Rispetto all’estremismo del tanking, questo metodo aiuta lo sviluppo di una continuità maggiore tra le stagioni, permettendo di portare avanti negli anni gli aspetti più positivi ed estirpando al contempo le parti più negative.
Sicuramente il non rientrare mai in lottery rende più difficile trovare giocatori giovani su cui puntare per il futuro, ma grazie a un programma di scouting internazionale di primo livello nella lega, un development staff in grado di tirare fuori il meglio dai giocatori e tanta pazienza e duro lavoro, da ormai vent’anni a questa parte San Antonio ha sempre avuto modo di trovare e sviluppare i giocatori migliori per il proprio sistema.
DeJounte Murray – 29th Pick
La squadra del presente per la stagione 2019-2020 rimane quella di DeRozan ed Aldridge, con Rudy Gay a guida del secondo quintetto. In parallelo c’è, però, lo sviluppo dello young core, e in particolare del progetto numero uno: DeJounte Murray.
Dopo aver saltato la stagione scorsa a causa di un infortunio al crociato, DeJounte ha iniziato il nuovo anno inanellando da subito una serie di prestazioni molto positive. Due anni fa Murray era considerato un ottimo prospetto difensivo (tanto da diventare il più giovane giocatore di sempre in un quintetto All-Defense) che però presentava tutta una serie di grosse lacune nella fase offensiva. Secondo i dati Synergy, il #5 aveva infatti un rendimento insufficiente in ogni playtype. Mentre quindi le prestazioni difensive di queste prime gare possono sembrare “abituali”, è l’impatto offensivo la vera sorpresa di inizio stagione.
I principali limiti offensivi di Murray due anni fa erano l’assenza di un tiro a malapena sufficiente, che portava la maggior parte degli avversari a battezzarlo, la grande difficoltà nell’assorbire i contatti sotto canestro e soprattutto la grossa indecisione palla in mano contro le difese schierate.
Il lavoro degli ultimi due anni con Chip Engelland si vede sia nella nuova meccanica di tiro, molto più fluida e precisa, sia nella sicurezza con cui DeJounte prende i propri jumper. Al momento le percentuali non stanno aiutando, con il 18% da tre punti ed il 29% dalla media, ma lo sviluppo nella tecnica di tiro passa a pieni voti l’eye test e alza l’asticella delle aspettative per le percentuali di fine stagione. Come prova della grande attenzione che la squadra sta mettendo nelle sue capacità di tiro, il contratto di DeJounte presenta vari bonus annuali nel caso in cui il giocatore riuscisse a finire la stagione con almeno il 58% di True Shooting o con più di 125 triple segnate.
A passare sia l’eye test sia il check statistico è la voce “conclusioni al ferro”. Murray ha iniziato la stagione prendendo oltre la metà dei propri tiri al ferro, e li sta convertendo con un fenomenale 68%. Sono due i punti a riguardo che più stupiscono: il primo è la capacità di segnare nonostante il contatto, grandissimo miglioramento rispetto l’ultima stagione; il secondo è l’incredibile facilità con cui il giocatore di San Antonio sta arrivando al ferro. Oltre che in contropiede, dimensione aggiunta in questa stagione dagli Spurs grazie proprio al suo ritorno, DeJounte sta infatti sistematicamente battendo il proprio uomo, sfruttando al meglio le proprie capacità atletiche.
Per quanto riguarda il lato difensivo, Murray ha ripreso senza problemi da dove aveva lasciato, ma anche qui ci sono alcune differenze da non sottovalutare.
Due anni fa era già un ottimo difensore, ma aveva dietro di sé una squadra più pronta a mettere una pezza sopra i suoi errori. Gli Spurs di quest’anno sono una squadra molto diversa: l’assenza di Green e Anderson non si sente solo nella peggiore difesa sugli esterni e negli aiuti sugli errori dei compagni, ma anche nella maggiore difficoltà dei compiti difensivi assegnati a Murray.
Due anni fa infatti, avendo a disposizione più talento difensivo, Popovich poteva lasciare più spesso DeJounte su avversari meno pericolosi, dandogli modo di mostrare tutto il suo QI nella difesa in aiuto. La mancanza di presenza difensiva (con Forbes e DeRozan in campo) del quintetto titolare odierno impone di accoppiare Murray per la maggior parte del tempo sul piccolo avversario più pericoloso, in modo tale da evitare agli altri mismatch non indifferenti. Ridurre la dimensione d’aiuto a Murray ovviamente non lo trasforma in un cattivo difensore, anzi: DeJounte è anche on-ball uno dei migliori piccoli della lega, ma ne diminuisce sicuramente l’efficacia non essendo ancora in questo fondamentale al livello dei vari Beverley, Holiday o Smart.
Il limite principale difensivo su cui Murray deve lavorare è l’eccessiva ricerca della chiusura delle linee di passaggio. Concentrandosi troppo spesso sul voler chiudere le linee di passaggio, specialmente quelle non particolarmente pericolose, non è raro vedere Murray perdere la posizione sul proprio uomo e regalargli un vantaggio. Rispetto a due anni fa oggi capita meno spesso ma, a differenza di due anni fa, difendendo giocatori migliori e avendo dei compagni di squadra meno votati in difesa, ora ogni errore viene pagato più profumatamente.
Derrick White – 29th Pick
Legata al ritorno di DeJounte, una delle maggiori aspettative dei tifosi Spurs per l’inizio della stagione era poter vedere un backcourt Murray-White. Dopo un primo anno ai margini della squadra, sfruttando lo spazio lasciato libero lo scorso anno da Murray, White è stato in grado di conquistarsi il posto da titolare e dimostrare tutte le proprie qualità offensive e difensive.
In attacco White mostra le migliori qualità palla in mano attaccando il proprio avversario, sia attivato dai compagni sia dal pick and roll. Avendo buone capacità di tiro da molteplici zone del campo (lo scorso anno 60.5% dalla restricted area, mostrando anche lui una grande capacità nell’assorbire i contatti prima di concludere, e oltre il 47% da pitturato e midrange) riesce a mischiare penetrazioni, scarichi e arresti e tiro per non dare punti di riferimento al proprio difensore.
On-ball White è uno dei migliori difensori della lega, e pensando alle capacità off-ball di Murray si capisce l’esaltazione nel voler vederli giocare insieme. Rispetto alla spettacolarità di DeJounte, White ha uno stile più solido e preferisce il contenimento dell’avversario. Dopo aver negato al proprio avversario lo spazio per le triple, White, soprattutto quando difende sul pick and roll, aiutato anche dalla classica difesa drop del lungo Spurs, è disposto spesso a lasciare spazio nel midrange per prepararsi al meglio alla difesa nei pressi del canestro.
Grazie a un’ottima coordinazione e controllo del proprio corpo, White si mostra un avversario molto tosto da battere nonostante un fisico non particolarmente atletico. Pur rubando direttamente pochi palloni, con la sua difesa di contenimento mette in seria difficoltà i propri avversari causando anche un gran numero di palle perse, di cui solitamente prendono il merito i compagni.
Dopo le prime nove gare stagionali, il duo Murray-White ha visto il campo assieme per soli due minuti totali. L’idea di inizio stagione di Popovich è che finché Murray sarà in minute restriction, i 48 minuti di gara saranno equamente divisi tra i due. Per quanto assieme potrebbero essere la coppia di 1 e 2 difensivamente tra le più forti della lega, il bisogno di giocare palla in mano e la scarsa propensione al tiro da 3 di entrambi, unito al dover giocare molti minuti con un altro ball-hog che il tiro dalla lunga non sa cosa sia (DeRozan) e alla difesa molto sotto la media degli altri membri del backcourt (Mills, Forbes, Belinelli e ancora DeRozan) ha probabilmente convinto Pop a dividere totalmente (almeno per ora) i loro minuti.
Ciò non vuol dire che non avremo modo di vedere nei prossimi mesi i due in campo assieme, ma che semplicemente per le necessità di oggi il progetto Murray e il progetto White stanno venendo sviluppati in parallelo.
Bryn Forbes – Undrafted
Abbiamo visto come vengono divisi i minuti tra i due playmaker, e un ragionamento simile viene fatto anche per le due principali guardie tiratrici: Forbes e Mills. A ognuno dei due play texani viene affiancata una guardia tiratrice per ottenere il migliore trade-off possibile tra spaziature e difesa.
Per quanto a meritare una menzione d’onore ci sarebbe anche la seconda giovinezza di Mills, alle prese con un’ottimo inizio di stagione dopo un’altrettanto ottima estate con la nazionale, è la crescita continua di Forbes uno dei punti su cui gli Spurs sperano di contare a lungo, benché l’ultimo anno di contratto del giocatore.
Nonostante come difensore Forbes sia parecchio sotto la media (a causa del fisico eccessivamente sottodimensionato e a un non particolare talento nel fondamentale), sono le ottime qualità nel tiro da 3 punti che gli hanno permesso di diventare la guardia titolare degli ultimi due anni. Col 43% da 3 nello scorso anno, Bryn è infatti stato il nono miglior tiratore della lega. Al momento Forbes sta tirando con “solo” il 38%, ma la bassa percentuale nel catch and shoot (37% a fronte dei 45 e 39 dei due anni precedenti) fa pensare che a fine stagione lo rivedremo ancora oltre il 40%.
Entrato nella lega nel 2016 come un “semplice” tiratore sugli scarichi, tra la scorsa e questa stagione Forbes si sta sempre più trasformando in un tiratore completo in grado di costruire autonomamente le proprie azioni. In queste prime gare, oltre ad aver aumentato complessivamente il numero di tentativi a partita, Forbes ha mostrato grossi miglioramenti anche nel tiro dal palleggio. Dalle 5 triple a partita, di cui 3.5 in catch and shoot e 1.5 pull-up, è infatti passato a oltre 7, con 4.8 triple in sugli scarichi e ben 2.2 dal palleggio.
Mentre la presenza costante in campo di almeno un creatore tra DeJounte, White, DeRozan e Gay dà modo a Forbes di sfruttare quanto viene creato dai compagni, il suo grande miglioramento palla in mano gli ha permesso di aggiungere la dimensione del pick and roll tra le sue armi. Da questa situazione Bryn è in grado non solo di sfruttare di sfruttare il blocco per crearsi un jumper veloce, ma anche di servire sempre più spesso il rollante, mostrando una maggiore sicurezza gara dopo gara.
Jakob Pöltl
Pöltl è un centro austriaco di oltre 2.10 metri inserito come pedina nello scambio Leonard-DeRozan. Per quanto avrei preferito poter aggiungere a questo pezzo la storia di Kawhi, l’underdog entrato nella lega come lockdown defender e trasformato dagli Spurs in una delle stelle migliori della NBA, purtroppo non è possibile cambiare la storia ed è giusto anche parlare dell’apporto di Jakob.
Pöltl è uno degli esempi di come le statistiche di base (al momento poco meno di 5 punti e 5 rimbalzi in 15 minuti a partita) non raccontino mai tutto quello che c’è da sapere su un giocatore. La sua difesa, sia in aiuto sia sul centro avversario, unita alla pericolosità a rimbalzo offensivo lo rendono infatti un membro fondamentale di quella che, con White, Mills e Gay, è una delle panchine più competitive della lega. Con il suo 14.4 di ORB%, Pöltl quest’anno è nella nella top10 dei rimbalzisti offensivi, dopo essere stato nella top5 dello scorso anno, mentre col 49% di canestri concessi al ferro è nella top20 dei difensori in questa categoria.
Offensivamente è un centro dal range molto limitato ma, grazie alla sua buona mobilità e una visione di campo superiore alla media, riesce a partecipare al flusso dell’azione senza mai interromperla.
Tirando le somme
Ovviamente ad oggi non può essere chiaro quanti di questi giocatori faranno parte del progetto dei prossimi anni. Molti dei giovani degli ultimi anni, come per esempio Kyle Anderson, hanno cambiato casacca alla fine del loro contratto. Se pensiamo però alla Philadelphia del Process, neanche chi ha creato meglio dal tanking può avere la sicurezza di tenere a lungo le proprie prime scelte.
Per quanto sia assolutamente vero che gli Spurs sono una squadra anacronistica e senza troppe aspettative oltre al primo turno dei playoff, grazie a questo metodo di ricostruzione continuo e graduale, in aggiunta ai quattro giocatori già presentati ci sono a roster tutta una serie di giovani scommesse a basso rischio su cui puntare nel breve/medio periodo.
Concentrandosi un attimo sui soli giocatori scelti al draft di quest’anno, per ovviare alla mancanza di vere ali versatili oltre a Rudy Gay (che a fine anno compirà 34 anni), è stato scelto con la ventinovesima scelta Keldon Johnson, con l’obiettivo di svilupparne le qualità al tiro e di difensore on-ball. Pensando forse a riempire il buco di minuti in un futuro in cui Murray e White condivideranno molti dei propri minuti in campo, con la quarantanovesima scelta è stato preso Quinndary Weatherspoon, una terza combo guard, molto attiva difensivamente e con buoni istinti sia al tiro sia nel movimento di palla.
Forse anche per continuare la tradizione di PF che ha contraddistinto gli ultimi 20 anni Spurs, pensando inoltre al fatto che l’estate prossima Aldridge compirà 35 anni, è stato scelto con la diciannovesima scelta Luka Šamanić. Il croato, nonostante l’età giovanissima e un fisico non ancora sviluppato per gli standard NBA, nella scorsa Summer League ha dimostrato da subito di avere un enorme potenziale da sviluppare nei prossimi anni.
Se poi pensiamo ai draft passati, nonostante il brutto inizio, ci sono ancora grandi aspettative sul fatto che Lonnie Walker IV possa scrollarsi da dosso ciò che lo sta facendo giocare al rallentatore, per potersi conquistare entro la fine dell’anno un posto fisso in rotazione.