Nel chiudere il precedente articolo avevamo di fatto preannunciato il racconto di oggi, nel quale parleremo delle due franchigie che hanno cambiato assetto societario in estate e delle loro vicissitudini coi precedenti proprietari. Un pretesto per integrare quanto scritto riguardo l’evoluzione, dal punto di vista economico, della NBA nell’ultima decade.
BROOKLYN NETS
La prima squadra in causa sono i Nets. Precisamente dieci anni fa, l’oligarca russo Mikhail Prokhorov pagò una cifra non lontana da $200 milioni di dollari (e $180 milioni di debiti) per l’80% dei Brooklyn Nets, il 45% del futuro Barclays Center – poi “battezzato” nel 2012 dal Master of Ceremonies Jay-Z – e un’opzione sull’acquisto delle restanti quote dalla Forest City Ratner Companies, di cui Bruce Ratner era ed è tuttora il CEO.
Ratner, magnate dell’edilizia americano, prima di acquistare l’allora team del New Jersey nel 2004 non era un fanatico della palla a spicchi, e di certo non pagò $300 milioni i Nets per tenere la squadra nel New Jersey. L’operazione fu solo un escamotage per ottenere un accesso privilegiato ai nuovi progetti di sviluppo urbanistico della Grande Mela. L’obiettivo era costruire un’arena a Brooklyn, a pochi passi da alcuni distretti commerciali che la sua stessa società aveva iniziato a progettare un decennio prima, parte di un investimento da $5 miliardi.
L’era Ratner non fu particolarmente positiva per i Nets, che passarono dall’essere una squadra solida e con un’esperienza alle Finals del 2003, al baratro delle 12 vittorie nel 2010. Inoltre, durante la sua presidenza, ebbero perdite intorno ai $30 milioni di dollari ogni anno.
In questo contesto, Prokhorov arrivò al momento giusto, al posto giusto. Comprò una società in procinto di decuplicare il suo valore, pagandola al netto dell’inflazione meno di quanto fosse stata pagata solo sei anni prima dal precedente proprietario. In gergo diremmo “un furto”. Esercitò poi l’opzione per l’acquisto del restante 20% della franchigia e del 55% dell’arena per $1.7 miliardi, anche se questa cifra venne ufficiosamente considerata come quota di “acquisto” del solo Barclays Center.
Per “acquisto” si intende l’acquisizione della società che detiene i diritti operativi sul Barclays Center. L’arena è infatti di proprietà dello stato di New York, che tramite una società-veicolo, BALDC, concede l’usufrutto alla ArenaCo, sussidiaria di una delle società di Prokhorov. Questo sistema ha il semplice scopo di ridurre pressione fiscale. E funziona, permettendo un risparmio di oltre $30 milioni annui.
Meno di un decennio più tardi, nell’agosto di quest’anno, l’imprenditore russo ha rivenduto i Nets ed i diritti sul Barclays Center per circa $3.5 miliardi a Joseph Tsai, imprenditore canadese-taiwanese, co-founder di Alibaba. Il price tag dei soli Brooklyn Nets, freschi di firme di Irving e Durant, indica $2.35 miliardi, record per qualsiasi squadra di qualsiasi sport, superando il precedente massimo di $2.25 miliardi pagato da Tilman Fertitta per i Rockets nel 2017.
Quantificare gli investimenti di Prokhorov nel coprire le eventuali perdite avvenute durante la sua presidenza è impossibile. Ma ciò che è possibile è calcolare che anche con passività per $1 miliardo (cifra volutamente esagerata), il profitto generato dalla crescita del valore – dei Nets in questo caso, ma più in generale dei team NBA – avrebbe comunque portato all’imprenditore russo un guadagno di almeno un altro $1 miliardo, con un ROI annuo oltre il 30%.
Ratner è così diventato uno dei soli due proprietari NBA a perdere denaro investendo nella NBA (ma guadagnando da quanto il trasferimento dei Nets a Brooklyn ha comportato per le sue proprietà immobiliari), cedendo la franchigia a una cifra irrisoria rispetto al valore che avrebbe avuto solo pochi anni più tardi.
CHARLOTTE HORNETS
Al fianco dell’ex proprietario dei Nets troviamo Bob Johnson, co-founder del broadcast BET e primo owner di colore di una squadra NBA. Nel 2002 pagò $300 milioni per portare i Bobcats nella lega, per poi venderli a prezzo di outlet a His Airness Michael Jordan nel 2010. “Rubate” di MJ in carriera: 2514 +1.
They’re here! Chairman Michael Jordan and NBA Commissioner Adam Silver at the Hornets Legacy Project Dedication Ceremony #swarmtoserve pic.twitter.com/NTBIWMwugh
— Charlotte Hornets (@hornets) October 18, 2016
MJ iniziò la scalata come azionista di minoranza nel 2006, per poi diventare proprietario dei Bobcats nel 2010, sborsando in totale $180 milioni di dollari, inclusi i debiti e i diritti sullo Spectrum Center. Dal 2014, favorita da un buon rebranding, la squadra ha iniziato a guadagnare valore a livello sportivo e di business. Secondo Forbes, nell’era Jordan la valutazione degli Hornets è cresciuta del 757%, fino a raggiungere $1.3 miliardi nei primi mesi del 2019.
A settembre di quest’anno Gabe Plotkin e Daniel Sundheim – due manager di fondi d’investimento statunitensi – hanno acquistato quote di minoranza da Jordan, che resterà comunque l’azionista di riferimento della franchigia della Carolina del Nord. Secondo i rumors, i due avrebbero valutato gli Hornets $1.5 miliardi, quindi perfino oltre l’ultima cifra resa nota da Forbes. I dettagli e le cifre dell’operazione non sono stati resi noti.
Il patrimonio di MJ si attesta oggi intorno a $1.9 miliardi e la plusvalenza con gli Hornets ha influito molto su questo dato. Ora la scelta di capitalizzare, seppur mantenendo il ruolo di governor, ovvero di azionista di maggioranza. Secondo lo Charlotte Observer questa mossa è stata fortemente cercata ultimamente da MJ, che ha come obiettivo non troppo velato quello di convogliare negli Hornets capitali e soprattutto “teste” in grado di favorire uno sviluppo a medio-lungo termine della franchigia per renderla un’avanguardia nella lega più avanguardistica di tutte. I due giovani manager sono stati ritenuti i profili giusti su cui “investire” al contrario.